La Chiesa etiope celebra il Giubileo dell’anno 2000. L’arcivescovo di Addis Abeba:
vogliamo essere speranza per il nostro Paese
Oggi l’Etiopia festeggia l’inizio dell’anno 2000 secondo il particolare calendario
etiope, basato su antichi calcoli astronomici egizi e sui calendari copto, ebraico
e giuliano. La Chiesa etiopica celebra questo Giubileo con diverse liturgie e svariate
iniziative in tutte le parrocchie del Paese. Domenica, nella capitale, è prevista
una grande celebrazione eucaristica durante la quale sarà esposta la croce benedetta
dal Papa a Loreto proprio per il Giubileo etiopico e che durante l’anno raggiungerà
tutte le diocesi del Paese. Tiziana Campisi ha chiesto a mons. Berhaneyesus
Demerew Souraphiel, arcivescovo di Addis Abeba, quale significato assume la celebrazione
del Giubileo per la Chiesa locale:
R. -
Quest’anno significa molto. Domenica si svolgerà una Messa Solenne, qui, nella cattedrale
cattolica di Addis Abeba, con tutti i vescovi dell’Etiopia. Durante la celebrazione
riceviamo la croce benedetta dal Papa a Loreto, che poi porteremo in tutte le diocesi,
come un segno del fatto che l’Etiopia è un Paese cristiano, antichissimo, e il nostro
Signore Gesù Cristo ha sempre protetto questo Paese. Questo millennio è un’occasione
speciale per far conoscere l’Etiopia, non come un Paese dove c’è fame, siccità, ma
come una Nazione che adesso sta veramente cambiando, attraverso la strada dello sviluppo.
E la Chiesa ha un grande ruolo in questo processo volto a mostrare un’immagine diversa
dell’Etiopia; la Chiesa vuole far sì che la gente impari a guardare avanti con speranza.
D.
- Attraverso questo Giubileo quale messaggio vuole dare la Chiesa ai fedeli?
R.
- Noi vogliamo dire ai cristiani di essere fedeli al loro cristianesimo, di approfondire
la loro fede, di viverla personalmente, di condividere la spiritualità etiopica, di
offrire ospitalità ai poveri, ai malati, soprattutto ai malati di AIDS, e di essere
speranza per questo Paese finora conosciuto come un Paese povero, ma che non è povero
spiritualmente. Vogliamo inoltre dire ai nostri fedeli di vivere qui, di non pensare
di trasferirsi in Medio Oriente, in Europa, in America, perché anche lì non c’è il
paradiso. Deve cambiare la situazione qui, attraverso l’educazione, la sanità, lo
sviluppo.
D. - Quale realtà vive oggi la Chiesa e
verso che cosa si proietta guardando al futuro?
R.
- Guardando al futuro noi vogliamo e preghiamo per la pace, perché è il fondamento
per lo sviluppo, per cambiare le cose, per convivere con i nostri vicini. Noi viviamo
in una parte dell’Africa del nord-est dove c’è instabilità politica e vogliamo cambiare
questa situazione affinché la gente e le nazioni possano convivere pacificamente:
questo condurrà verso soluzioni permanenti. La Chiesa lavora con tutte le organizzazioni
cattoliche per questo scopo e noi siamo veramente contenti e orgogliosi di essere
parte della Chiesa cattolica universale. Ovunque la Chiesa cattolica è presente fa
parte della Chiesa universale.