2007-09-11 15:21:09

Carceri: i cappellani di tutto il mondo dicono no a pena di morte e tortura


Un ministero che richiede “pazienza e perseveranza”, costellato sovente da “delusioni e frustrazioni” quella dei cappellani e dei loro collaboratori religiosi e laici che operano nelle prigioni di tutto il mondo, come ha sottolineato Benedetto XVI, ricevendo in udienza la scorsa settimana i delegati del XII Congresso mondiale della Commissione internazionale della pastorale cattolica nelle carceri (ICCPPC), che ha chiuso ieri i suoi lavori a Roma. Tante le sfide da affrontate per conferire nuovo slancio all’assistenza materiale e spirituale dei detenuti come emerge dal documento finale Congresso, che dice ‘no’ alla pena di morte, ‘no’ alle torture e chiede maggiore impegno per migliorare le condizioni degli Istituti di pena e per la prevenzione del crimine nelle società. Roberta Gisotti ha intervistato mons. Giorgio Caniato, ispettore in Italia dei cappellani delle carceri.RealAudioMP3
 
D. – Mons. Caniato, anzitutto si sta progredendo o si sta arretrando? Il testo conclusivo dei lavori denuncia la mancanza di diritti umani fondamentali in numerose carceri di molti Paesi. Quali sono le principali sfide per migliorare le condizioni dei detenuti?

 
R. – Il carcere è sempre una struttura repressiva. Quindi, molto dipende dalla cultura che sta sotto alla gestione della Giustizia. Se nel modo di pensare non si riconosce all’uomo la sua dignità di uomo ... naturalmente le leggi sono totalmente repressive, com’era da noi prima del nuovo regolamento penitenziale del 1975, che era basato su una concezione positivistica. Quando siamo riusciti a mettere alla base della nuova norma la filosofia cristiana, nella nostra legislazione, il detenuto è riconosciuto come persona e quindi diventa soggetto, mai oggetto, di diritti e di doveri. Inoltre, i suoi diritti fondamentali – la vita, il lavoro, il cibo, la salute ed anche la pratica religiosa – devono essere rispettati, perché sono diritti inalienabili, come ad esempio, la libertà di pensiero e la libertà di coscienza. Quindi, c’è sotto una concezione tale da cui scaturisce che una detenzione non può oltrepassare certi limiti e quindi da noi, con una concezione simile, non sarebbe possibile la pena di morte, perché sarebbe distruttiva. E, infatti, in Italia è stata tolta. Purtroppo, abbiamo ancora l’ergastolo, ma anche l’ergastolo dovrebbe essere ridimensionato, perché è la distruzione di ogni speranza dell’uomo e sia la Costituzione, sia la Legge, prevedono il trattamento del detenuto. Quindi, si pensa alla rieducazione del detenuto. Questo è richiesto anche sul piano internazionale.

 
D. – Come anche il Papa ha sottolineato, i cappellani carcerari svolgono davvero una "missione vitale" nella Chiesa e nella società. Ma c’è consapevolezza nella Chiesa e nella società dell’importanza del vostro lavoro, per recuperare l’uomo e il cittadino alla sua dignità?

 
R. – Senta, in molte civiltà e Nazioni, non è che siamo sopravalutati, ma ci rispettano e ci sentono. Se non altro la nostra presenza è pungente, è stimolante, richiama ai diritti, come del resto fa il Papa che richiama ai diritti. Ma non tutti gli Stati, non tutte le filosofie, non tutte le culture accettano l’invito del Papa a rispettare quella che è la dignità dell’uomo e la persona umana.

 
D. – Mons. Caniato, nel testo finale del Congresso, si dice pure che l’attuale sistema di giustizia criminale, in molti Paesi, non risponde ai bisogni dei più deboli, come ad esempio i minori. Allora, come commentare la sentenza della Cassazione in Italia, che ribadisce la possibilità della custodia cautelare per i minori imputati di scippi e furti in casa?

 
R. – Questo è determinato dalla situazione concreta. In Italia la detenzione minorile ha un suo Codice, una sua procedura, per cui si tende a non mettere in prigione chi fa i reati. Lei pensi che in Italia ci sono detenuti – in una ventina di carceri – soltanto 500, 600 minori, non di più. Tutto il resto, tutti quei ragazzi presi a rubare e via di seguito, che sono in attesa di processo, sono circa 30 mila. Questa non è una cosa bella, sotto tanti punti di vista. Ad un certo punto, la gente è stufa di vedere questi ragazzini che rubano entrare un giorno ed uscire subito dopo. E’ tutto da rivedere. Il che non vuol dire che la giustizia nei confronti dei minori debba essere una giustizia punitiva. Ma è vero che qui entra in gioco tutta la società, perchè ormai siamo in una società dove tutto sembra lecito, dove la misura della propria azione è solo nella propria coscienza, dove non si riconosce più una legge morale oggettiva, come del resto ha detto il Papa. Naturalmente ne scaturisce nella giustizia quello che ne scaturisce.
 







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