Cordoglio nel mondo della musica e della cultura per la morte del tenore Luciano Pavarotti,
avvenuta ieri mattina nella sua villa a Santa Maria del Mugnano, nella campagna alle
porte di Modena. L’artista, che a ottobre avrebbe compiuto 72 anni, era da tempo malato
di un tumore al pancreas e l’anno scorso aveva già subito un’operazione. La notizia
ha fatto in breve il giro del mondo. I funerali saranno celebrati sabato mattina nel
Duomo di Modena. Una carriera lunga oltre 46 anni. Il nostro collega Marco Guadagnini,
responsabile dei Programmi musicali della Radio Vaticana, ci traccia un profilo del
grande tenore modenese:
Sempre
sulla breccia, sempre con il sorriso largo, cordiale, emiliano direi, che contraddistingueva
il suo rapporto con gli altri, una carriera che possiamo dividere in tanti settori,
con luci alterne, con un progressivo intensificarsi dell’aspetto mediatico – diciamo
pure appariscente – del personaggio, i mega-concerti “Pavarotti and friends” a Londra
e New York, le performances spesso più circensi che musicali dei tre tenori. Di Pavarotti,
però, possiamo dire con sicurezza che aveva la cosiddetta “voce firmata”. Bastavano
due note per riconoscere lo squillo di “Big Luciano”, anche quando la sua ugola –
privilegiata dalla natura e plasmata dallo studio rigoroso – mostrava, dai sessant’anni
in poi, i segni del tempo. Nel pieno fulgore dei suoi mezzi, Pavarotti ha avuto pochi
rivali con intonazione, colore e fraseggio, ma quello che mi ha sempre sbalordito
del tenore modenese è la dizione impeccabile. E’ raro sentire un’aria d’opera o da
camera magari sconosciuta senza perdere qualche parola del testo, ma con Pavarotti
questo non accadeva. A chi ama la lirica verranno in mente appuntamenti memorabili:
il “Ballo in maschera” diretto da Bartoletti nel 1970, dove affiancava una Tebaldi
nel suo splendido tramonto, e la “Bohème” diretta da Karajan nel 1972, dove era al
fianco della sua cara amica e coetanea Mirella Freni. A differenza di grandi artisti
del passato che hanno lasciato soltanto una traccia negli scritti ammirati dei contemporanei,
Pavarotti è stato prodigo di suoni ed immagini che resteranno negli archivi a testimoniare
la sua grandezza di cantante.