Il cardinale Scola consegna il Premio Robert Bresson al regista Sokurov
Il regista russo Aleksandr Sokurov ha ricevuto questa mattina il Premio Robert Bresson
nell’ambito della Mostra del Cinema di Venezia. Il servizio è di Luca Pellegrini.
E’ stato
il cardinale Angelo Scola, Patriarca di Venezia, a consegnare
questa mattina ad un emozionato Aleksandr Sokurov il premio Robert Bresson, assegnato
dalla Rivista del Cinematografo in collaborazione e con il patrocinio dei Pontifici
Consigli della Cultura e delle Comunicazioni Sociali. Erano presenti le massime autorità
istituzionali e politiche e il presidente dell’Ente dello Spettacolo, mons. Dario
Viganò. Al Patriarca, appassionato da sempre di cinema, abbiamo chiesto se può a suo
avviso ritenersi ancor oggi un’oasi privilegiata in cui culture e persone si incontrano: R.
– Può essere un luogo di scambio assai privilegiato e molto potente tra gli uomini,
e può essere un’occasione veramente profonda per penetrare nel cuore dell’uomo e nel
cuore dei popoli.
D. – Eminenza, quale secondo lei
il peso del cinema nella formazione delle coscienze e dell'identità cristiana?
R.
– Il cinema parla il linguaggio simbolico, cioè mette in relazione le persone con
le circostanze, con i rapporti e con gli elementi essenziali della vita quali sono
gli affetti, il lavoro, il riposo, i conflitti, le contraddizioni, le possibilità
di edificazione, di costruzione di pace ... E quindi, può affrontare la totalità dell’umana
esperienza secondo la forza dei suoi strumenti espressivi e aiutare milioni di persone
a conoscersi meglio ed a conoscere meglio la realtà in cui sono immersi. Certamente,
questo viene incontro anche ai cristiani, perché i cristiani sono i più realisti tra
gli uomini, perché Gesù è venuto esattamente per insegnarci a stare dentro alla realtà.
L’autentica fede si vede da come funziona la realtà quotidiana, da come incide sul
mio modo di vivere quotidianamente. Il cinema, con la sua forza espressiva, può certamente
essere un elemento privilegiato per aprire un approfondimento dell’umano e quindi
anche della fede.
D. – Come bilanciare, Eminenza,
la libertà dello sguardo - del regista prima e dello spettatore poi - con la capacità
e necessità di formare un obiettivo giudizio critico?
R.
– Secondo me, non bisogna separare questi due elementi, perché lo sguardo porta già
dentro tutta la mia umanità; e la vista – come diceva già Agostino – è il più forte
di tutti i nostri sensi, perché attraverso la capacità di cogliere la forma, la figura,
la bellezza della realtà, provoca la nostra personalità fino in fondo e quindi orienta
immediatamente con un “sì” o con un “no” anche il nostro giudizio. E’ chiaro che poi
si può sempre ritornare su ciò che lo sguardo ha intravisto. Ma prima di tutto, bisogna
guardare come fanno i bambini, con grande apertura e con disponibilità allo stupore
per potere cogliere fino in fondo il messaggio.
D.
– Eminenza, potrebbe sottolineare per noi una delle motivazioni che hanno portato
a premiare proprio il russo Sokurov e, da questo, mettere in evidenza le qualità intrinseche
del cinema contemporaneo? R. – Aleksandr Sokurov certamente
ha mostrato, per esempio in “Arca Russa”, una grande efficacia proprio nell’aiutare
lo spettatore a penetrare in profondità l’umano, così come molti grandi della storia
del cinema, anche del nostro cinema italiano. Si è discusso molto in questi giorni
intorno al Festival di Venezia sulla situazione del cinema italiano, si è parlato
dell’esigenza di una nuova identità e io credo che il cinema sia luogo privilegiato
di comprensione del reale, perciò è luogo di educazione nella bellezza, quindi di
una educazione secondo forme leggere che risollevano lo spirito: è la ragione per
cui uno vede un film ...