Mons. Comastri a 10 anni dalla morte di Madre Teresa di Calcutta: "una donna che ha
preso sul serio le parole di Gesù"
Domani, 5 settembre, ricorre il 10.mo anniversario della morte di Madre Teresa di
Calcutta. Tante le celebrazioni in tutto il mondo per ricordare la fondatrice delle
Missionarie della Carità. Tra queste, la Santa Messa che sarà presieduta dall’arcivescovo
Angelo Comastri, domani alle 16.00, nella Basilica di San Giovanni in Laterano,
alla presenza di una folta rappresentanza delle Suore della Carità e di un nutrito
gruppo di poveri della diocesi di Roma. Al Vicario del Papa per lo Stato della Città
del Vaticano, che ben conosceva Madre Teresa, Giovanni Peduto ha chiesto di
parlarci della Beata:
R. –
Sono passati 10 anni dalla morte di Madre Teresa di Calcutta e Madre Teresa oggi è
più viva che mai. Perché i Santi non invecchiano! Tutti i miti che crea la società,
che crea il mondo, invecchiano velocemente. Tanti personaggi contemporanei a Madre
Teresa verranno dimenticati, prima o poi. Il Santo, invece, resta, perché poggia su
Dio e poggiando su Dio in qualche modo possiede una caratteristica dell’eternità di
Dio.
D. – Eccellenza, lei l’ha conosciuta personalmente.
Quale ricordo particolare conserva di Madre Teresa?
R.
– Di Madre Teresa conservo tantissimi ricordi, per cui mi è difficile fare una selezione,
fare una scelta. Quello che mi impressiona di più, a distanza di 10 anni, è il suo
modo di pregare. Io, tante volte mi sono inginocchiato accanto a Madre Teresa e ho
toccato con mano che quando pregava si immergeva in Dio. E poi, quando si alzava,
aveva una forza impressionante, anche negli ultimi anni, quando ormai gli anni pesavano,
le fatiche pesavano, soprattutto i sacrifici, i disagi pesavano sul suo fisico, quando
Madre Teresa si inginocchiava sembrava che si ricaricasse di forza, si ricaricasse
di giovinezza e poi si alzava e correva incontro alle persone che incontrava. E nell’incontro,
la cosa che mi colpiva di Madre Teresa: dava l’impressione che esistesse al mondo
soltanto la persona con la quale parlava. Ti guardava con due occhi nei quali sentivi
l’affetto di una madre, e soprattutto sentivi lo sguardo di Dio. Ecco: questa capacità
di voler bene alla singola persona che stava davanti a lei, al punto tale da farla
sentire quasi l’unica: questa era una caratteristica di Madre Teresa.
D.
– In questi giorni esce una raccolta delle sue lettere in cui Madre Teresa parla della
sua “notte dello spirito” ...
R. – Qui bisognerebbe
fare alcune precisazioni. La “notte dello spirito” è un dono, non un dispetto. E’
un dono che Dio fa ad alcune persone perché evidentemente nel progetto di Dio questo
dono vuole realizzare sicuramente qualche cosa. Madre Teresa ha provato questa “notte”,
come ha provato la stessa “notte” Santa Teresa di Lisieux. Io ho scritto un lungo
articolo in cui ho fatto un confronto tra la “notte” di Madre Teresa di Calcutta e
la “notte” di Santa Teresa di Lisieux ed ho trovato tantissime rassomiglianze. Pensate
che Santa Teresa di Lisieux arriva a scrivere, raccontando e facendo le confidenze
alla sua priora: “Quando io penso al Paradiso non sento più nessuna gioia. Eppure,
sono sempre vissuta aspettando la Patria! E quando canto il Paradiso, io canto soltanto
ciò che voglio credere”. E’ una precisazione che fa pensare! Anche Madre Teresa ha
provato la stessa situazione. Dio ha voluto toglierle le gioie sensibili ed è rimasta
in lei la fede pura, la fede che fa gioire il cuore di Dio, la fede che fa veramente
crescere. Potrebbe venire fuori una domanda: Perché? Io azzardo una risposta, una
risposta della quale mi assumo tutta la responsabilità. Madre Teresa era diventata
forse il personaggio più famoso del mondo. Certamente, era più nota dei grandi personaggi
della sua epoca. Ha ricevuto premi che nessun personaggio – né cantanti, né attori,
né uomini dello sport – hanno ricevuto. Madre Teresa poteva essere tentata di orgoglio.
Il Signore, proprio perché le voleva bene, l’ha in qualche modo difesa, attraverso
questa prova, dalla tentazione dell’orgoglio e l’ha fatta sentire piccola, affinché
continuamente si aggrappasse a Dio.
D. – Madre Teresa
parla anche di una conversione ricevuta quando era già religiosa. Che significa?
R.
– Più che di una “conversione”, Madre Teresa parla di una seconda vocazione. Una vocazione
nella vocazione. C’è stato un momento in cui Madre Teresa, nel 1946, comincia a sentire
insistentemente una voce, la voce di Gesù, che le parla e le dice: “Teresa, ho sete
di amore; ho sete del tuo amore”. “E cosa devo fare?”, lei risponde. “Ti aspetto nei
poveri. Nei poveri ci sono io. Sono io che ho fame, sono io che ho sete, sono io che
sono povero. Teresa, disseta il mio amore nei poveri”. E anche di fronte a questa
richiesta esplicita di Gesù, Madre Teresa si chiede: “Ma, Signore, io cosa posso fare?”.
“Tu devi dissetarmi nei poveri di Calcutta, nei poveri del mondo”. Madre Teresa inizia
come Abramo: esce dalla sua comunità, dove era felice, in qualche modo non “abbandona”
la prima vocazione, ma dà un nuovo stile alla sua vocazione. Ecco, lei diceva “una
seconda vocazione nella prima vocazione”. E incomincia a servire i poveri, un’avventura
nella quale lei si mosse soltanto guidata dall’umiltà della fede e dall’obbedienza
della fede.
D. – Possiamo dire che lo specifico della
santità di Madre Teresa è consistito nell’attenzione agli altri?
R.
– Madre Teresa diceva che il suo Vangelo consisteva in cinque parole, al punto tale
che scherzando diceva: “L’ho ridotto a cinque dita: lo-avete-fatto-a-me”. Lei ha preso
sul serio il capitolo XXV di San Matteo e ogni Santo – si può dire – ha la sua pagina
di Vangelo. Madre Teresa ha scelto quella pagina, o meglio: si è riconosciuta in quella
pagina e l’ha fatta diventare lo specifico della sua vocazione, lo specifico della
sua vita. Lei ha preso sul serio le parole di Gesù: nel povero che ha fame, è Gesù
che ha fame; nel povero che ha bisogno di vestito, è Gesù che ha bisogno di vestito.
Ed è andata incontro ai poveri con la certezza che, servendoli, serviva Gesù; accarezzandoli,
accarezzava Gesù; nutrendoli, nutriva Gesù. Questa è stata la sua spiritualità, la
quale spiritualità si è nutrita sempre di eucaristia, cioè si è nutrita di preghiera.
Lei diceva sempre: “Io non posso amare i poveri se Gesù non mi riempie di amore. E
Colui che ha detto: ‘Lo avete fatto a me’, ha detto anche ‘questo è il mio corpo dato
per voi’. Nutrendosi di eucaristia si trova la forza per servire Gesù nei poveri”.
D.
– Eppure, ci sono state anche delle incomprensioni nei riguardi di Madre Teresa ...
R.
– E’ inevitabile che ci siano state delle incomprensioni, perché i santi sono tutti
scomodi. Sono scomodi perché contestano l’egoismo, sono scomodi perché contestano
l’orgoglio, sono scomodi perché contestano la mediocrità che è caratteristica un po’
di tutti. Madre Teresa, senza dirlo, contestava, ed è chiaro che la sua contestazione
dava fastidio. E allora nascevano le critiche.
D.
– Il messaggio di Madre Teresa per noi oggi, uomini di Chiesa?
R.
– Io credo che il messaggio più bello sia questo: il Vangelo è vivibile. Il Vangelo
è attuale, e vivendo il Vangelo noi attiriamo la gente perché l’apostolato si fa attraendo.
Anche questa è una parola di Madre Teresa: Gesù ha detto: “Quando sarò elevato da
terra tirerò tutti a me”. Madre Teresa commentava: “Dobbiamo fare come Gesù: immolandoci
sulla croce, cioè lasciandoci inchiodare dalla carità, lasciandoci consumare dalla
carità, spendendoci nella carità, noi attiriamo le anime al Signore. L’apostolato,
prima di tutto, è una attrazione attraverso la carità”.