Pubblicato in questi giorni l'ultimo libro di mons. Vincenzo Paglia "L'amore cristiano"
“L’Amore cristiano”. Questo il titolo dell’ultimo libro, edito dalle Paoline, del
vescovo di Terni-Narni-Amelia Vincenzo Paglia. Prendendo spunto dall’Enciclica
del Papa, Deus caritas est, il presule ripercorre la storia della profonda relazione
tra Dio e l’uomo dall’inizio dei tempi ad oggi. Punto di arrivo, la società contemporanea
che spesso sembra vivere senza padre. Ma quali sono le tracce più significative della
presenza di Dio nei secoli? Risponde così l’autore, al microfono di Silvia Gusmano:
R. -
Si possono distinguere alcune grandi tappe che singolarmente rispondono ai grandi
periodi di rinascita della Chiesa. La prima grande tappa è quella neotestamentaria,
con lo strutturarsi delle prime comunità cristiane, poi troviamo il monachesimo e
le prime strutturazioni diocesane, poi c’è la riforma francescana dei poveri del primo
millennio e poi quella successiva al Concilio di Trento, poi quella ottocentesca,
per rispondere alle diverse povertà che via via si mostravano nei secoli. Insomma,
quel che volevo dire con questo libro è che la carità si fa storia e fermenta l’intera
società fino a trasformarla anche nel profondo.
D.
- Anche l’Enciclica del Santo Padre, Deus caritas est, e il suo ultimo libro riaffermano
con forza la dimensione storica dell’amore di Dio…
R.
– Devo dire che l’Enciclica del Papa è stata un po’ il motivo per la scrittura di
questo libro: volevo rispondere immediatamente a questo grande affresco del Papa che
ci richiama alla centralità dell’amore con un contributo che ne mostrasse l’attualità.
D.
- Lei muove dalla constatazione che la nostra società vive ormai da tempo senza un
padre e quindi senza amore. Come ritrovare la presenza di Dio nel mondo talvolta disumanizzato
di oggi?
R. – La carità deve diventare cultura. In
un mondo pieno di conflitti, in un mondo di soli, di orfani, l’amore non deve essere
semplicemente una cosa astratta ma l’amore si immerge nel concreto della storia e
la carità, come dice il Papa, “è un cuore che vede e che interviene”. Il primato del
cristiano è quello dell’ascolto: se noi sappiamo ascoltare la Parola di Dio riusciamo
ad accogliere l’amore di Dio e quindi sapremo essere buoni samaritani, persone che
si chinano sulle ferite di tutto il mondo. Questo ha un suo spessore anche politico:
come è possibile un futuro di pace se il 20% della popolazione del mondo possiede
l’80% delle ricchezze? Ecco, allora, che una buona politica deve ripartire dalla attenzione
ai più deboli, ai più poveri. La globalizzazione del mercato ha bisogno della globalizzazione
dell’amore, se vogliamo costruire un futuro di pace per tutti.