2007-08-23 11:00:17

Intrervista di Giovanni Peduto con l'arcivescovoStanislao Rylko di ritorno dal Kazakhistan


L’arcivescovo Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per il laici, è appena tornato dal Kazakhistan, dove ha partecipato al IX incontro annuale dei giovani cattolici di cinque Paesi dell’Asia Centrale: Kazakhistan, Uzbekhistan, Turkmenistan, Tagikhistan e Kirghistan – che si è svolto nel santuario mariano di Oziornoje, attorno alla solennità dell’Assunta, all’insegna del tema: “Maria ci insegna ad amare”. Vi hanno preso parte circa 500 giovani accompagnati da vescovi, sacerdoti e religiosi. Alcuni per arrivare a Oziornoje hanno dovuto percorrere in macchina 4000 chilometri di strada! L’arcivescovo di Astana, mons. Tomasz Peta, lo ha invitato a presiedere la Messa conclusiva dell’incontro, che prevedeva l’invio missionario di questi giovani. Nel corso dei quattro giorni i giovani hanno ascoltato una serie di conferenze, hanno avuto molti momenti di preghiera, tra cui una Via Crucis con delle rappresentazioni preparate dai giovani stessi durata quasi tre ore! Ma soprattutto, sono stati giorni di scambio di testimonianze di fede vissuta in condizioni non facili – considerato il forte pluralismo religioso che caratterizza quei Paesi.. come lo stesso arcivescovo Stanislao Rylko ha detto nell’intervista rilasciata a Giovanni Peduto:

R. - Mi ha colpito la gioia e il coraggio della fede di questi giovani che, nonostante siano una esigua minoranza rispetto al “mare musulmano” che li circonda, dimostrano una forte e convinta identità cristiana senz’altro, un frutto prezioso dell’intenso impegno della Chiesa di quei Paesi a favore della pastorale dei giovani. Sempre di più i giovani scoprono Cristo come unica risposta ai loro quesiti circa il senso della vita, e la Chiesa come una vera famiglia. Ogni edizione di questo incontro costituisce un importante segno di speranza per tutta la Chiesa che vive in quelle terre.

D. - Quale impressione le ha fatto il contatto con la comunità ecclesiale cattolica che vive in Kazakhistan?

R. – Durante il mio breve soggiorno in Kazakhistan ho cercato anche di conoscere – nella misura del possibile – la vita della Chiesa in questo enorme Paese. E’ una delle ex-repubbliche dell’Unione Sovietica che vive con tutte le conseguenze – nel campo religioso – di un lungo periodo di persecuzioni nei confronti dei credenti. E’ una Chiesa che offre una particolare testimonianza di fede, e per questa fede, in un passato non tanto lontano, si è giunti a pagare un prezzo molto alto, fatto di prigione e a volte di vero e proprio martirio. Però, nonostante le crudeli persecuzioni, la fede non è scomparsa. E questo, grazie al coraggio di tanti laici, uomini e donne; grazie a quelle “babushke” – “nonnine” – che trasmettevano la fede ai propri nipoti e pronipoti; grazie al coraggio e allo zelo apostolico di sacerdoti che senza guardare il pericolo, hanno visitato clandestinamente i cattolici, battezzato catecumeni, celebrato la Messa nelle case, benedetto matrimoni.

D. – Come si presenta oggi la comunità cattolica in Kazachistan?

R. - Oggi la Chiesa in Kazakhistan rinasce e si sviluppa. L’attuale sistema di governo assicura a tutte le confessioni religiose presenti nel Paese la necessaria libertà. Nella capitale Astana c’è la Nunziatura della Santa Sede, ed esiste un Concordato tra la Santa Sede e il Governo del Kazakhistan. La Chiesa ha ormai una struttura consolidata nelle sue diocesi e parrocchie. Ho potuto così ammirare il grande lavoro pastorale svolto dai sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose provenienti da vari Paesi. Mi ha colpito fortemente il loro zelo, la loro gioia di poter servire quella gente. Anche diversi movimenti ecclesiali e nuove comunità svolgono un notevole lavoro apostolico. Quella del Kazakhistan è una Chiesa missionaria che con fiducia guarda il futuro.








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