Intrervista di Giovanni Peduto con l'arcivescovoStanislao Rylko di ritorno dal Kazakhistan
L’arcivescovo Stanislao Rylko, presidente del Pontificio Consiglio per il laici, è
appena tornato dal Kazakhistan, dove ha partecipato al IX incontro annuale dei giovani
cattolici di cinque Paesi dell’Asia Centrale: Kazakhistan, Uzbekhistan, Turkmenistan,
Tagikhistan e Kirghistan – che si è svolto nel santuario mariano di Oziornoje, attorno
alla solennità dell’Assunta, all’insegna del tema: “Maria ci insegna ad amare”. Vi
hanno preso parte circa 500 giovani accompagnati da vescovi, sacerdoti e religiosi.
Alcuni per arrivare a Oziornoje hanno dovuto percorrere in macchina 4000 chilometri
di strada! L’arcivescovo di Astana, mons. Tomasz Peta, lo ha invitato a presiedere
la Messa conclusiva dell’incontro, che prevedeva l’invio missionario di questi giovani.
Nel corso dei quattro giorni i giovani hanno ascoltato una serie di conferenze, hanno
avuto molti momenti di preghiera, tra cui una Via Crucis con delle rappresentazioni
preparate dai giovani stessi durata quasi tre ore! Ma soprattutto, sono stati giorni
di scambio di testimonianze di fede vissuta in condizioni non facili – considerato
il forte pluralismo religioso che caratterizza quei Paesi.. come lo stesso arcivescovo
Stanislao Rylko ha detto nell’intervista rilasciata a Giovanni Peduto:
R. -
Mi ha colpito la gioia e il coraggio della fede di questi giovani che, nonostante
siano una esigua minoranza rispetto al “mare musulmano” che li circonda, dimostrano
una forte e convinta identità cristiana senz’altro, un frutto prezioso dell’intenso
impegno della Chiesa di quei Paesi a favore della pastorale dei giovani. Sempre di
più i giovani scoprono Cristo come unica risposta ai loro quesiti circa il senso della
vita, e la Chiesa come una vera famiglia. Ogni edizione di questo incontro costituisce
un importante segno di speranza per tutta la Chiesa che vive in quelle terre.
D.
- Quale impressione le ha fatto il contatto con la comunità ecclesiale cattolica che
vive in Kazakhistan?
R. – Durante il mio breve soggiorno in Kazakhistan ho
cercato anche di conoscere – nella misura del possibile – la vita della Chiesa in
questo enorme Paese. E’ una delle ex-repubbliche dell’Unione Sovietica che vive con
tutte le conseguenze – nel campo religioso – di un lungo periodo di persecuzioni nei
confronti dei credenti. E’ una Chiesa che offre una particolare testimonianza di fede,
e per questa fede, in un passato non tanto lontano, si è giunti a pagare un prezzo
molto alto, fatto di prigione e a volte di vero e proprio martirio. Però, nonostante
le crudeli persecuzioni, la fede non è scomparsa. E questo, grazie al coraggio di
tanti laici, uomini e donne; grazie a quelle “babushke” – “nonnine” – che trasmettevano
la fede ai propri nipoti e pronipoti; grazie al coraggio e allo zelo apostolico di
sacerdoti che senza guardare il pericolo, hanno visitato clandestinamente i cattolici,
battezzato catecumeni, celebrato la Messa nelle case, benedetto matrimoni.
D.
– Come si presenta oggi la comunità cattolica in Kazachistan?
R. - Oggi la
Chiesa in Kazakhistan rinasce e si sviluppa. L’attuale sistema di governo assicura
a tutte le confessioni religiose presenti nel Paese la necessaria libertà. Nella capitale
Astana c’è la Nunziatura della Santa Sede, ed esiste un Concordato tra la Santa Sede
e il Governo del Kazakhistan. La Chiesa ha ormai una struttura consolidata nelle sue
diocesi e parrocchie. Ho potuto così ammirare il grande lavoro pastorale svolto dai
sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose provenienti da vari Paesi. Mi ha colpito
fortemente il loro zelo, la loro gioia di poter servire quella gente. Anche diversi
movimenti ecclesiali e nuove comunità svolgono un notevole lavoro apostolico. Quella
del Kazakhistan è una Chiesa missionaria che con fiducia guarda il futuro.