“La Siria è accanto al governo iracheno e sostiene il processo politico in corso in
Iraq e condanna fermamente le azioni terroristiche”. E’ questo quanto afferma il comunicato
emesso da Damasco al termine dell'incontro di ieri nella capitale tra il presidente
siriano, Bashar al-Assad, e il premier iracheno, Nuri al-Maliki. E questa nuova fase
dei rapporti siro-iracheno ha suscitato le immediate reazioni americane. Ce ne parla
Giancarlo La Vella:
La nuova sintonia
espressa dal comunicato di Damasco rischia di creare un asse di rapporti tra Iraq
e Siria ben più stretti, al di là delle semplici dichiarazioni. E questo, almeno in
teoria, non può essere tollerato dagli Stati Uniti. Dal Quebec, a margine del vertice
a tre Usa, Canada e Messico, il presidente Bush reagisce con un certo distacco a questa
nuova situazione che vede Baghdad stringere la mano ad uno dei Paesi della lista degli
Stati-canaglia. Rispondendo alle affermazioni di due deputati americani, secondo le
quali il parlamento iracheno dovrebbe rimuovere il premier se non ci saranno passi
avanti verso la riconciliazione, il capo della Casa Bianca ha detto seccamente: “
Se il governo di al-Maliki non sarà capace di rispondere alle richieste della popolazione
irachena, verrà sostituito. Ma questa – ha concluso Bush – è una decisione che spetta
agli iracheni e non agli americani”. Intanto nel Paese del Golfo è sempre violenza.
Ieri a Tikrit, città natale di Saddam Hussein, un gruppo di insorti ha assassinato
un alto ufficiale della polizia. Intanto, ieri a Baghdad ha preso il via il processo
contro Alì il Chimico e altri gerarchi dell’ex regime, accusati della violenta repressione
dell'insurrezione popolare nel sud sciita nel marzo del 1991
Per un’analisi
della attuale posizione americana nei confronti del governo di Baghdad, Eugenio Bonanata
ha raccolto il commento di Alessandro Colombo, docente di Relazioni Internazionali
all’Università Statale di Milano: