Intervista di Giovanni Peduto sull'VIII Corso dei Simposi Rosminiani a Stresa
Bellezza, filosofia, poesia. Questo il titolo dell’ottavo corso dei “Simposi Rosminiani”
che si tiene a Stresa, al Colle Rosmini, da questo pomeriggio a sabato prossimo, per
celebrare sia il 50° di morte del poeta italiano Clemente Rebora, sia l’imminente
beatificazione del filosofo Antonio Rosmini, che avverrà a Novara il 18 novembre.
Tra i relatori che interverranno: Antonio Staglianò, Umberto Muratore, Pier Paolo
Ottonello, Gianni Mussini, Vittorio Stella, Fabio Finotti, Nino Borsellino, Michael
Schulz, Lubomir Zak, Luigi Razzano, Adriano Ardovino, Elio Matassi, Plinio Perilli,
Timothy Christopher Verdon. Nel corso del convegno verrà dedicata una stele-ricordo
a Rebora nei giardini del lungolago di Stresa. Circa 200 i partecipanti previsti.
Il Centro Internazionale di Studi Rosminiani ha messo in palio 70 borse di studio
per i giovani interessati al corso. Giovanni Peduto ha chiesto a padre Umberto
Muratore, direttore del Centro Internazionale di Studi Rosminiani e provinciale dei
rosminiani italiani, di illustrarci le finalità del corso, a partire dal titolo:
R.
- Quest’anno ricorrono due grandi eventi per il mondo rosminiano: il 50° di morte
del poeta Clemente Rebora, noto per le sue raccolte di poesie Frammenti lirici e Canti
dell’infermità; e l’imminente beatificazione del filosofo Antonio Rosmini, che avverrà
a Novara, al Palazzo dello Sport, il 18 novembre prossimo. Abbiamo così voluto coniugare
i due eventi unendo insieme la poesia dell’uno e la filosofia dell’altro sotto il
segno comune della bellezza. Da qui il titolo: Bellezza, filosofia, poesia.
D.
- Chi è stato Clemente Rebora?
R. - Clemente Rebora è un raro esempio di letterato
della prima metà del Novecento. Nato al di fuori della cultura cattolica, visse fino
a 45 anni nella tormentata ricerca di una scelta che desse senso globale alla vita.
Finché un giorno, all’improvviso, capì che era Cristo il senso da lui cercato. Si
convertì, si fece rosminiano e sacerdote, visse in totale nascondimento. Gli ultimi
anni furono anni di purificazione attraverso il dolore fisico e spirituale che gli
fecero toccare gli apici dell’esperienza mistica. Le sue poesie laiche cantano le
lacerazioni cui va incontro l’anima lontana da Dio, mentre quelle religiose cantano
il prezzo che bisogna pagare per crescere nella santità.
D. - Se nelle poesie
di Rebora si coglie l’anelito alla santità, che cosa si può cogliere nelle opere filosofiche
di Rosmini?
R. - Scopo del convegno è proprio dimostrare che poesia reboriana
e filosofia rosminiana si incontrano nell’esprimere, o meglio nel cantare, l’esigenza
battesimale della santità, unico fine comune della creatura intelligente. Sotto questo
punto di vista, tutta la ricerca rosminiana non è altro che una “filosofia orante”,
cioè una filosofia che dispone l’uomo ad accettare il dono della salvezza.
D.
- Qual è il legame comune fra poesia, filosofia e bellezza?
R. - La bellezza,
spiegano Rebora e Rosmini, quando si coglie nelle cose non è altro che il riverbero
di un’altra bellezza, quella assoluta di Dio, il solo santo. Per cui, più l’uomo nel
pensare e nell’agire si adegua alla volontà di Dio, più è in grado di salire alle
sorgenti della bellezza, più diventa bello egli stesso. Cristo, dicevano i Padri della
Chiesa, è il più bello di tutte le creature. E il santo, nella sua somiglianza a Cristo,
partecipa della bellezza del Cristo.
D. – Ancora una domanda, padre Muratore:
che significato ha, oggi, la beatificazione di Rosmini?
R. - Io vedo la beatificazione
di Rosmini non tanto come un atto di giustizia e di riconoscimento dovuto, ma soprattutto
come una promessa ed un segno per il futuro. Rosmini oggi può essere molto utile alle
anime come maestro e testimone di una santità integrale, che porta verso Dio in modo
compatto e senza lacerazioni, tutto l’uomo, cioè l’intelligenza, gli affetti, l’agire.
La sua è una santità integrale, che non mortifica nulla e avanza con la consapevolezza
di quello che fa. Frequentandolo si impara a pensare, ad amare, ad agire in grande.
Una lezione alta e rara in un mondo globalizzato, dove la mancanza di valori solidi
ha reso la società tutta liquida. In Rosmini ci sono, compendiati insieme, luce di
verità e fuoco di carità. Insomma, la beatificazione di Rosmini è un segnale che la
Chiesa dà a chi è in cerca di stimoli nuovi e convincenti per alimentare il suo amore
per Dio e per il prossimo.