Un vescovo inglese lascia Amnesty International dopo 30 anni di attività in seguito
alla svolta abortista dell'organizzazione
Dal mondo cattolico, ma anche da vari ambiti della società civile, continuano ad arrivare
ferme critiche alla decisione, presa da Amnesty International, di inserire tra i diritti
umani l’interruzione di gravidanza in caso di violenza sessuale. Amnesty, fondata
nel 1961 dall’avvocato inglese Peter Benenson, un anglicano convertito al cattolicesimo,
ha ratificato la decisione sull’aborto venerdì scorso durante la sua 28.ma Assemblea
generale tenutasi in Messico. La presa di posizione è stata accompagnata da forti
polemiche anche all’interno dell'organizzazione umanitaria. Sulla svolta di Amnesty
ascoltiamo, al microfono di Lydia O’Kane, il vescovo di East Anglia, mons.
Michael Charles Evans, che ha deciso di lasciarel'organizzazione dopooltre tre decenni di impegno attivo:
R. –
I’ve been involved in Amnesty... Ho lavorato con Amnesty per 31 anni e ho
cercato di incoraggiare i cattolici delle parrocchie e delle scuole ad associarsi
e a coinvolgere anche altre persone. E’, quindi, una cosa molto triste, perché sono
appassionato al lavoro di Amnesty. E’ un’organizzazione meravigliosa che fa un grande
lavoro e che ha lavorato con la Chiesa cattolica nel passato. Doverla lasciare è quindi
molto triste.
D. – La Chiesa cattolica sostiene completamente
l'impegno contro la violenza che colpisce le donne ma ora c'è questa decisione sull'aborto...
R. – That's right. Amnesty at the moment... Infatti,
Amnesty al momento ha una campagna molto importante volta a fermare la violenza contro
le donne e dobbiamo sostenerla interamente. Penso che i cattolici debbano fare ancora
di più per sostenere le donne che hanno subito stupri o altri tipi di violenze sessuali
o ogni tipo di violenza. Dobbiamo vedere se noi, comunità cattolica, stiamo seriamente
facendo abbastanza per aiutarle. Ma il modo per aiutare le donne che sono state stuprate
non è quello di operare altra violenza contro il bambino dentro di loro. Uno dei diritti
umani fondamentali è proprio il diritto alla vita.
D.
– Il fondatore di Amnesty era un cattolico: e laici e cattolici finora condividevano
lo stesso impegno. Oggi, pensa che questa decisione possa dividere i membri dell'organizzazione?
R.
– That was one of my great fear... Questa è stata una delle mie più grandi
paure all’inizio, perché riguardo all’aborto i membri di Amnesty hanno punti di vista
diversi. Dovrebbe essere ovvio per loro che se proseguiranno su questa strada, divideranno
i membri al loro interno e mineranno il loro lavoro. Questa è la mia paura ed anche
una preoccupazione etica. Nel Regno Unito, per esempio, nell'assemblea generale in
aprile, solo una parte dei membri ha votato per questa normativa, ma la stragrande
maggioranza ha votato per cercare di mantenere la situazione così com'era e non muoversi
verso questa direzione. Quindi, le divisioni esistono anche qui in Inghilterra e non
solo nel resto del mondo.
D. – Perchè, dunque, Amnesty
ha preso questa decisione, visto che molti membri sono cattolici e con questa decisione
molti di loro potrebbero lasciarla?
R. – Well, those
questions you have to ask… Dovrebbe fare queste domande ad Amnesty. Il sospetto
è che ci siano delle persone all’interno di Amnesty, in particolare in questo Paese
e negli Stati Uniti, che formano una lobby molto forte perché venga riconosciuto l’aborto
a livello internazionale. Al momento, secondo la legge internazionale, non esiste
un diritto all’aborto e loro vogliono che venga invece riconosciuto come diritto universale.
D. – Lei rimane comunque impegnato a difendere il
mandato originale di Amnesty in difesa dei diritti umani e contro ogni violazione
della dignità dell'uomo. Lei, dunque, continuerà a difendere tutte ciò che condivide
con Amnesty...
R. – Very much so... Sì,
proprio così, sto cercando di trovare la via per farlo e penso anche che le organizzazioni
cattoliche debbano pensare a come lavorare con organizzazioni di cui non condividono
interamente i principi. Nella società capita spesso di collaborare e cooperare con
organizzazioni con le quali non si condividono molti aspetti del loro lavoro. Dobbiamo
rendere chiaro che non li condividiamo, ma dobbiamo anche trovare una via per lavorare
insieme. Non so ancora il modo, ma dobbiamo pensare in modo creativo a tutto questo.