In Guatemala, diritti negati alle bambine indigene
Discriminazione, maltrattamenti e lavoro minorile frenano la crescita delle bambine
indigene guatemalteche: è quanto emerge da uno studio condotto dalla Defensoría de
la Mujer Indígena (DEMI), a tre settimane dalle elezioni presidenziali e legislative
del 9 settembre. “Dalla discriminazione in classe da parte dei compagni e dei docenti,
che non insegnano nelle lingue native, fino all'assenza di una politica di Stato che
promuova uno sviluppo integrale – si legge nel rapporto, stilato in collaborazione
con l'UNICEF – la società guatemalteca, ancora patriarcale e maschilista, tende a
considerare che le bambine indigene non siano fatte per studiare o diventare professioniste”.
Nel documento, intitolato “Mírame. Situación de la niña indígena en Guatemala”, si
sostiene che “la povertà che colpisce la maggioranza della popolazione indigena (pari
al 41% dei 13 milioni di guatemaltechi) spinge i genitori a far lavorare le bambine,
facendo perdere loro altre opportunità e finendo per perpetuare il circolo della miseria”.
Secondo Manuel Manrique, rappresentante dell'UNICEF in Guatemala, “dare priorità alla
promozione delle bambine indigene è il migliore investimento che il Paese può fare
per garantire il loro diritto alla vita e applicare gli accordi di pace” che nel 1996
misero fine a 36 anni di guerra civile, costata oltre 200 mila vittime, in larga maggioranza
nativi Maya. (R.M.)