Olimpia Tarzia su Amnesty e l'aborto: non si può aggiungere un crimine ad un altro
crimine
“Siamo in presenza di una strategia di fondo contro la vita, bisogna smascherare le
posizioni ideologiche di chi considera l’aborto una soluzione”. Così Olimpia Tarzia,
vicepresidente nazionale della Conferenza Italiana dei consultori familiari commenta
la decisione di Amnesty International di considerare un diritto umano l’aborto in
caso di stupro. L’intervista è di Massimiliano Menichetti:
R. –
E’ una decisione gravissima, c’è un diritto alla vita che va messo al primo posto.
Ma anche tutelare la donna, perché il problema di fondo è che il diritto all’aborto
non esiste; esiste il diritto alla vita di un nuovo essere umano, esiste il diritto
della donna ad essere tutelata dall’aborto, ad essere protetta, ad evitarle l’aborto,
perché il dramma vero dell’aborto riguarda non solo il bambino che ovviamente non
nascerà, ma riguarda anche la donna. Chi oggi ancora, nonostante tutta la letteratura
internazionale sulle conseguenze che l’aborto ha sulla donna a livello psichico, a
livello di progetto di vita, chi le nega ancora o è in malafede, quindi ideologicamente
guidato, oppure non conosce nulla dell’essenza della donna.
D.
– Amnesty sostiene di non essere per l’aborto come diritto, ma per i diritti umani
delle donne: un po’ l’opposto di quello che sta dicendo lei ...
R.
– La situazione di uno stupro è sicuramente drammatica, è sicuramente per una donna
sconvolgente, non va minimizzato, questo. Ma la soluzione a questo non può essere
un ulteriore violenza. Perché l’aborto è un crimine, è un omicidio, perché si uccide
una vita umana, ma è anche una violenza estrema nei confronti della donna. Non è mai
una soluzione! Noi l’abbiamo visto anche nelle nostre realtà in Italia, nei Centri
di aiuto alla vita: di fronte ad una violenza, le situazioni che si sono risolte con
l’aborto non hanno fatto che aggravare la situazione della donna, diminuendo in lei
ancora di più la stima di sé, il senso della vita, la speranza ... mentre nelle situazioni
in cui si è riusciti ad accompagnarla – naturalmente, aiutandola in tutti i modi:
psicologicamente, concretamente – a superare questo momento, facendole capire che
comunque il bambino aveva diritto a nascere perché non aveva nessuna colpa, quando
la mamma è riuscita a superare questo, quel bambino è stato motivo di vita, è stato
motivo di speranza, è stato il motivo che l’ha aiutata a superare il trauma della
violenza.
D. – Per tutelare la donna, dunque, bisogna
andare alla radice della violenza e lavorare sulla prevenzione...
R.
– Esattamente, perché si cerca la via più semplice! In fondo, dare alla donna la possibilità
di abortire è anche un modo di deresponsabilizzarsi: come istituzioni, come governi
... ma è un modo per lasciare la donna sola e dire: “Risolviti il problema da sola”.
Invece, qui il problema è a monte, è un problema di prevenzione alla violenza ...
E naturalmente, è molto più impegnativo, molto più gravoso e che si cerca di evitare.
Perché poi, tra l’altro, questo tipo di violenza resta lo stesso: non è che abortendo
diminuiscono le possibilità di incesto o di violenza. Resteranno! E si aggiungerà
un crimine ad un altro crimine. Quindi, questa non può assolutamente essere una soluzione.
Io credo che noi dobbiamo porre una reazione forte; vanno smascherate le posizioni
ideologiche di chi continua a considerare l’aborto una soluzione. Non conosce veramente
la profonda alleanza della donna con la vita, il vissuto della donna nei confronti
di una nuova vita che sta nascendo.