I cattolici dello Sri Lanka pregano per padre Jimbrown e il suo assistente scomparsi
un anno fa. Ai nostri microfoni, le speranze del nunzio, mons. Mario Zenari
Nello Sri Lanka, si è pregato oggi per il sacerdote cattolico Thiruchelvam Nihal Jimbrown
e il suo assistente Wenceslaus Vimalathas, scomparsi un anno fa a Jaffna, mentre nel
Paese infuriavano gli scontri tra forze di sicurezza e i separatisti delle Tigri Tamil
(LTTE). Padre Jimbrown, 34 anni, e Vimalathas, padre di 5 figli, sono scomparsi il
20 agosto del 2006. L’ultima volta erano stati visti su una motocicletta al check
point di Allaipiddy, zona sotto il controllo dell’esercito. Dopo un anno, non c’è
ancora alcuna notizia sulla sorte del sacerdote e del suo assistente, ma la speranza
resta viva, come sottolinea il nunzio apostolico nello Sri Lanka, Mario Zenari,
raggiunto telefonicamente a Colombo da Christopher Altieri:
R. -
Non abbiamo nessun segno ancora concreto, nessuna testimonianza. Ho incontrato più
volte il ministro per i Diritti Umani e parliamo sempre di questo caso, oltre che
della situazione dei diritti umani. Devo dire che le autorità sono molto attente e
mi hanno detto che la scomparsa di padre Jimbrown e del suo assistente è l’unico caso
di scomparse che sarà esaminato dalla speciale commissione di inchiesta istituita
dal presidente della Repubblica e assistita da un gruppo di esperti internazionali.
La situazione è molto delicata per quanto riguarda i diritti umani. Anzi, è andata
peggiorando: purtroppo il dialogo sembra in questi ultimi mesi aver lasciato spazio
alle armi. Non c’è nessun segno finora di buona volontà da parte delle due parti a
sedersi al tavolo delle trattative. Devo dire che non bisogna neanche del tutto disperare:
leggevo in questi ultimi giorni sui giornali che sembrano finalmente pronte le cosiddette
proposte di devoluzione del potere, che sono state elaborate da tutti i partiti, con
qualche difficoltà e qualche eccezione, nei passati mesi, e questa potrebbe essere
una base per la discussione. Chiamare al tavolo delle trattative i vari gruppi etnici,
cercare una soluzione politica al conflitto, questa è finora l’unica base di speranza.
Ci sono ancora delle difficoltà, qualche partito ha ancora qualche problema, ma si
spera che possa essere un’alternativa a quello che, purtroppo, finora è solo il linguaggio
delle armi.
D. - La Chiesa nella società dello Sri
Lanka ha un ruolo importante grazie all’eterogeneità della sua composizione?
R.
- E’ l’unica istituzione nell’isola che raggruppa fedeli delle due principali etnie:
questo è anche molto apprezzato, sottolineato anche dalle autorità, perché è un’istituzione
che può contribuire molto al dialogo e alla rappacificazione. Questo è il contributo
che la Chiesa cattolica può dare. Il nunzio, come è suo dovere, cerca di viaggiare
il più possibile; per fortuna non ha restrizioni anche in quei territori che di per
sé sono inaccessibili magari ad altri, perché abbiamo dei fedeli: le autorità magari
danno il permesso con certe norme prudenziali. Questo è il contributo che può dare
la nunziatura visitando queste zone che sono state colpite sia dalla guerra che dallo
tsunami. Quindi, fronteggiamo queste tristi realtà della violenza della natura e
della violenza umana.