Strage Duisburg - Mons. Bregantini: "Lavate le offese nelle lacrime e non nel sangue"
“L’Italia ha attuato una lotta durissima contro la criminalità organizzata, in collaborazione
con gli altri Paesi europei. I giovani del sud ci aiutino a fare un cambiamento storico”:
così il premier Prodi, il giorno dopo la strage di Duisburg, in Germania. Sei le vittime,
tutti italiani legati alla faida di San Luca, in Calabria, dove dal ’91 si sfidano
due famiglie rivali della ‘ndrangheta. Oggi, a Reggio Calabria, vertice delle forze
di sicurezza. I particolari da Isabella Piro: Obiettivo
della strage: Marco Marmo, 25 anni, coinvolto nelle indagini per l’omicidio di Maria
Nirta Strangio, uccisa nel Natale 2006. Le altre 5 persone sarebbero state eliminate
in quanto testimoni: questo il quadro ricostruito dagli investigatori che ora lavorano
per prevenire possibili vendette della famiglia Vottari-Pelle, decimata dai rivali.
A San Luca, perquisite una cinquantina di abitazioni, mentre la polizia italiana e
tedesca lavora sul luogo del delitto, il ristorante “da Bruno”. Inutili le immagini
delle telecamere a circuito chiuso di due edifici vicini, risultate troppo scure per
dare un volto ai killer, che sarebbero comunque due, secondo quanto riferisce un testimone.
Forse mitragliette Uzi le armi utilizzate, 70 i bossoli ritrovati. Ed è caccia all’uomo,
Giuseppe Strangio, socio del ristorante, irrintracciabile sia in Italia che in Germania.
Per gli analisti, con questo pluriomicidio all’estero, la ‘ndrangheta ha compiuto
un salto di qualità. Antonino Pugliesi, questore di ReggioCalabria: R. - E’ il primo caso che abbiamo,
in cui si è compiuto un fatto così eclatante all’estero. Senz’altro è un episodio
particolare, che può essere dettato dalle circostanze. Comunque, è un episodio nuovo. D.
– Si può parlare di una strage annunciata?
R. – Ahimè
sì, nel senso che si ripetono fatti del genere. Noi cerchiamo naturalmente di interromperli
e speriamo di poterlo fare con la massima decisione, affinché in qualche modo cessi
questa vicenda.
La commissione parlamentare
antimafia, intanto, chiede un testo unico per contrastare la criminalità organizzata,
garantendo pene certe per i colpevoli e accelerando la confisca dei beni mafiosi.
Un provvedimento da applicare in tutta l’Unione Europea, aggiunge il vicepresidente
della Commissione Ue, Frattini, che chiede anche un rafforzamento dell’Europol.
“Questo
è il momento della preghiera, non lasciateci soli affinché la logica della morte e
della vendetta non prevalga sul quella del cuore e del perdono”: così mons. Giancarlo
Maria Bregantini, vescovo della diocesi di Locri-Gerace, commenta la strage di
Duisburg. Massimiliano Menichetti lo ha intervistato R.
– E’ soprattutto la condizione del dolore, le lacrime versate insieme nella speranza
e nella preghiera che, in questo momento, noi possiamo esprimere.
D.
– Lei ha parlato più volte di necessità di risveglio delle coscienze, perchè non ci
si abitui al male. Oggi questo appello sembra quanto mai necessario ...
R.
– Certe guerre sono finite di fronte ad una strage orrenda che ha aperto gli occhi
a tutti. Noi vorremmo e preghiamo che questa strage apra gli occhi alle famiglie,
anzitutto, coinvolte nella faida, per capire in quale baratro stanno precipitando.
Noi vorremmo che di fronte a questo si possa dire: “Signore, ma dove stiamo andando?
Aprici gli occhi. Facci capire che cosa terribile è l’odio, che distrugge tutto e
tutti”.
D. – Lei è da sempre impegnato come pastore
della comunità contro le mafie, la ‘ndrangheta, sostenendo la necessità di attivare
forme di reazione ...
R. – Non è facile stavolta
individuare le forme di reazione. Ne abbiamo individuate tre o quattro, a vari livelli.
La prima è che ciascuno apra gli occhi, perché l’odio produce morte. Secondo, le realtà
personali di offesa bisogna lavarle nelle lacrime, non nel sangue, e subito, perchè
la faida non è altro che un sentimento non risolto che diventa esplosivo. Quindi,
un appello alla pacificazione dei cuori, fin dall’inizio, una logica di non violenza
e di perdono.
D. – Quanto è necessario, mons. Bregantini,
un raccordo con gli altri vescovi, una presenza forte della Chiesa?
R.
– Occorre che tutte le Chiese della Calabria stiano vicine. Non è in gioco la Locride,
ma la Calabria. Quindi, un appello ai vescovi delle altre diocesi vicine, un appello
alle religiose e ai religiosi a rinforzare le presenze e non a lasciare questa terra.
D.
– Ma in questo contesto qual è il compito delle istituzioni?
R.
– Che la magistratura e le forze dell’ordine siano ancora più efficaci, non aspettino
nell’attività repressiva. Infine, a livello politico, questa Calabria ha bisogno di
qualcosa di suo, di specifico, di diretto.
D. – Quindi,
si può dire che il suo appello sia: “Non lasciateci soli” ...
R.
– Ecco, questo sì, la certezza di non lasciarci soli. Non si può reggere un peso così
grande, delegando un prete ed un vescovo e neanche un sindaco o un paese. E’ un peso
troppo grande, rischia di schiacciarci. Di fronte a questo macigno che ci è piombato
addosso, è necessario che il macigno vada spostato da tante, tante mani insieme e
contemporaneamente il baratro della vendetta sia illuminato nella sua tragicità in
maniera così chiara da rendere evidente che non ci sono altre strade se non la pacificazione,
il dialogo e il perdono.