La Chiesa ricorda San Massimiliano Kolbe, martire nel campo di Auschwitz
Oggi la Chiesa ricorda San Massimiliano Maria Kolbe, sacerdote e martire. Ce ne parla
Sergio Centofanti.
Massimiliano
Maria Kolbe nasce in Polonia nel 1894. Entra nella famiglia Francescana dei Minori
Conventuali. Innamorato della Vergine, fonda « La milizia di Maria Immacolata» per
la salvezza delle anime. Nota con profonda tristezza il propagarsi dell’indifferentismo
che – afferma – colpisce non solo i fedeli ma anche i religiosi. Sostiene con forza
la via dell’obbedienza: solo “l’obbedienza – dice - ci manifesta con certezza la divina
volontà. E' vero che il superiore può errare, ma chi obbedisce non sbaglia. L'unica
eccezione – aggiunge - si verifica quando il superiore comanda qualcosa che chiaramente,
anche in cose minime, va contro la legge divina. In questo caso egli non è più interprete
della volontà di Dio”.
Nel 1921 fonda a Cracovia
un giornale di poche pagine “Il Cavaliere dell’Immacolata”: “Noi religiosi – afferma
– possiamo abitare baracche, girare con vesti rattoppate, nutrirci modestamente, ma
le nostre macchine tipografiche, che servono a diffondere la gloria di Dio, devono
essere le migliori e di ultimo modello”. Padre Kolbe, malato di tubercolosi, lavora
fino a sfinirsi: “il nostro compito – scrive – è molto semplice: sgobbare tutto il
giorno, ammazzarsi di lavoro, essere ritenuto poco meno che un pazzo da parte dei
nostri e, distrutto, morire per l'Immacolata”.
Allo
scoppio della Seconda Guerra Mondiale assiste feriti, ammalati e profughi, in particolare
ebrei. Nel febbraio del 1941 viene arrestato dai nazisti. Lascia i suoi confratelli
con queste parole: “Non dimenticate l’amore!”. E’ deportato nel campo di concentramento
di Auschwitz. Con il numero 16670 è addetto al trasporto dei cadaveri al crematorio.
Per la fuga di un prigioniero altri 10 detenuti vengono condannati a morire nel bunker
della fame. Tra questi c’è un padre di famiglia: padre Kolbe chiede di poterlo sostituire.
E’ accontentato.
Il sacerdote incoraggia tutti i
condannati intonando canti alla Vergine. Dopo 14 giorni solo quattro restano ancora
in vita, fra cui padre Massimiliano. Le guardie naziste decidono di finirli con un’iniezione
di acido fenico. Padre Kolbe tende il braccio dicendo “Ave Maria”: sono le sue ultime
parole. Era il 14 agosto 1941, vigilia dell’Assunzione. Le sue ceneri si mescolano
insieme a quelle di tanti altri condannati, nel forno crematorio. Anni prima aveva
detto: “Vorrei essere come polvere, per viaggiare con il vento e raggiungere ogni
parte del mondo e predicare la Buona Novella”. Giovanni Paolo II lo canonizzerà il
10 ottobre 1982.