Rogo di Livorno: l'UE risponde a Prodi sull'integrazione dei Rom. Il commento di mons.
Razzauti
Ancora sconcerto e polemiche a due giorni dalla morte di 4 bambini Rom nel rogo della
baracca in cui dormivano a Livorno. Oggi potrebbe essere assegnato l’incarico per
eseguire l’autopsia mentre i genitori dei piccoli sono in carcere con l’accusa di
concorso in incendio colposo, abbandono di minore e di incapace. E la discussione
politica si allarga. “Le regole per l’integrazione dei Rom e delle altre minoranze
etniche in Europa ci sono, sta agli Stati membri rispettarle”. Così la Commissione
dell'Unione Europea risponde al premier Romano Prodi che ieri aveva sottolineato come
quello dei Rom è un problema politico complesso e irrisolto anche in Europa. Intanto
come sta vivendo questo momento la comunità cristiana livornese? Luca Collodi
lo ha chiesto a mons. Paolo Razzauti, amministratore diocesano di Livorno:
R. –
Con stupore e tristezza, ma nello stesso tempo anche con una sana inquietudine per
chiederci che cosa la comunità cristiana possa fare ancora di più di quello che sta
facendo, per queste persone. Non solo per queste famiglie e in questo momento, ma
per i Rom e per tante altre persone che stanno giungendo a Livorno e che non hanno
dove abitare.
D. – Cosa può fare la Chiesa locale,
ma anche la Chiesa nazionale per aiutare i Rom?
R.
– Io ritengo, come è stato detto anche da altre parti, che ormai è un problema che
va affrontato a fondo. Finora, forse, l’abbiamo sfiorato, ce lo siamo posti ma non
l’abbiamo affrontato a fondo. Va studiata l’integrazione di queste persone. A volte
è difficile farle integrare, a volte è difficile integrarle da parte nostra; però
io credo che soltanto attraverso un tavolo di lavoro e di studio, a cui si siedano
le diverse realtà, a cominciare dalle città per andare anche a livelli più alti, noi
dobbiamo capire: dobbiamo capire come poter integrare nel nostro territorio, nelle
nostre tradizioni, nella nostra cultura, queste persone. Io credo che uno dei primi
impegni sia quello della scolarizzazione di questi ragazzi: impegnandosi con borse
di studio, impegnandosi anche come Chiesa, impegnandosi come società, a far sì che
questi ragazzi non siano più lungo le strade ma siano seduti ai tavoli di una scuola.
Allora, forse incominceremo a cambiare anche non tanto una loro cultura, una loro
mentalità, ma un loro modo di vivere.
D. – Mons.
Razzauti, di fatto molte persone, molti cittadini italiani non vedono di buon occhio
la vicinanza dei campi nomadi, quindi non vedono di buon occhio comunque la convivenza
con i Rom ...
R. – Sì: purtroppo, quello della povertà
è un rifiuto che c’è, perché io credo che non ci sia solo un rifiuto verso i Rom,
con le vecchie e le attuali paure di furti e roba del genere; ma io credo che sia
un rifiuto della povertà, il rifiuto di voler vedere la povertà, di aver paura che
la povertà tocchi qualcosa delle nostre ricchezze. Io invece credo che la povertà
debba essere affrontata perché sta inserendosi sempre più nella nostra realtà di vita
di ogni giorno. I nuovi poveri stanno arrivando, le nuove povertà stanno arrivando.
Allora, o ci mettiamo in testa tutti insieme di affrontarle, di viverle, di dare non
tanto delle soluzioni, ma di dare degli appoggi a queste povertà in modo che tutti
possano risalire un po’, oppure siamo tutti degli sconfitti. Io credo che la cultura
della solidarietà, oggi, non debba essere sconfitta ma debba essere affrontata ogni
giorno di più. E quindi voglio sperare veramente che i gesti che in questi giorni
a Livorno vengono fatti, non tanto con un mazzo di fiori depositato lì o meno, ma
gesti di vera solidarietà, di vera attenzione, io credo che attraverso questi gesti
si possa dare un senso di accoglienza a queste persone e farle sentire meno sole,
meno rifiutate dalla società. E aiutare loro a rifiutare meno la società, a combattere
meno una società, invece, della quale hanno bisogno.