Inaugurato a Timor ovest il primo monastero claustrale benedettino
Un ponte spirituale tra l’Italia e l’Indonesia realizzato grazie alla regola benedettina:
a Timor ovest, nella città di Kupang, è stato inaugurato recentemente il primo monastero
claustrale benedettino. Un progetto avviato più di 10 anni fa e che ha visto la luce
grazie alla volontà di giovani suore indonesiane e italiane, provenienti dal monastero
‘Santa Maria delle Grazie’ di Orte, in provincia di Viterbo. Al microfono di Isabella
Piro, ce ne parla don Mauro Pace, parroco di ‘Santa Maria Assunta’ ad Orte,
che ha collaborato alla realizzazione del progetto:
R.
– Qui ad Orte c’è la presenza di un monastero benedettino da oltre 300 anni. Una monaca
di questo monastero ha visitato l’Indonesia e ha trovato molta attenzione da parte
della Chiesa indonesiana perchè ci fosse qui una presenza. C’erano molte ragazze che
chiedevano di poter intraprendere un’esperienza di vita religiosa. Pertanto è iniziato
questo tipo di collaborazione tra il monastero di Santa Maria delle Grazie di Orte
e l’Indonesia. Sono venute, in questi 12, 13 anni, circa 30 ragazze e il vescovo di
Kupang ha prospettato la possibilità di avere una presenza benedettina in Indonesia,
dove non c’è questo tipo di spiritualità.
D. – Qual
è la realtà ecclesiastica che hanno trovato le suore a Kupang?
R.
– Una Chiesa viva, una Chiesa desiderosa di conoscere l’esperienza cristiana. Una
terra dove sono presenti altre forme religiose e soprattutto i musulmani. Il cristianesimo,
però, ha un’attrattiva e una credibilità veramente grande. Hanno trovato anche tanta
disponibilità da parte dei cristiani e quindi questo progetto è nato in rispondenza
di un desiderio grande che c’era laggiù.
D. – Qual
è stato il momento più bello della realizzazione di questo progetto?
R.
– Il momento clou è stata proprio l’inaugurazione del monastero. C’è stato un concorso
grandioso di gente, di ogni ceto sociale, anche poverissimi, che hanno visto nella
realizzazione di questo monastero la possibilità di un approfondimento della vita
cristiana, perché è questo che il monastero intende realizzare: mettersi a disposizione
per corsi di liturgia, per corsi di catechesi, di preparazione ai sacramenti, perché
il mistero cristiano sia sempre più conosciuto e accolto.
D.
– Don Mauro, lei ha avuto modo di incontrare alcune suore che sono tornate dall’Indonesia:
cosa le hanno raccontato?
R. – Sono felicissime,
anche se l’inizio del monastero è un po’ difficile, da un punto di vista dei sussidi
materiali. E’ un punto di estrema povertà e quindi anche la vita del monastero ha
bisogno di essere sostenuta. Trovano, però, tanta corrispondenza da parte delle popolazioni,
anche dei più poveri, che sono disponibili a disfarsi di alcune delle loro povere
cose per far sì che possa sussistere questo monastero e continuare ad ingrandirsi.
D. – Si tratta del primo monastero benedettino della
zona: si può pensare ad altri progetti per il futuro?
R.
– Naturalmente, questa esperienza dovrà essere adattata alle caratteristiche culturali
e alle tradizioni del posto. Poi, dopo, si vedrà se questo centro di spiritualità
potrà generare altri centri o altri monasteri. Questo è l’augurio.