2007-08-13 14:00:22

Il cristiano non è possessivo, né del mondo né della storia: così, il teologo padre Rupnik commenta l’Angelus di Benedetto XVI, ieri a Castel Gandolfo


Vivere con lo sguardo verso l’alto, spendere la propria esistenza in modo saggio e previdente, considerando attentamente il nostro destino: è l’esortazione rivolta dal Papa ai fedeli, ieri all’Angelus a Castel Gandolfo. Benedetto XVI ha così ricordato che sulla terra “siamo solo di passaggio” e dobbiamo dunque prepararci ad incontrare Gesù, con una costante tensione verso il cielo. Sulle parole del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato il teologo gesuita, padre Marko Ivan Rupnik:RealAudioMP3


R. – Mi sembra che il punto di partenza sia la verità del cristiano, cioè la sua identità. Noi riceviamo la vita nel Battesimo. Noi non abbiamo nessun’altra vita se non quella ricevuta dal Battesimo. E nel Battesimo, noi riceviamo la vita che è di Dio. Dunque, la vocazione del cristiano è la comunione con Dio e questa vita ricevuta da Dio, che è appunto la comunione. Anche questa vita, infatti, noi non la riceviamo individualmente, ma la riceviamo nel grembo della Chiesa. Penso che semplicemente considerare seriamente l’identità del cristiano, la sua verità, significa sapere che noi abbiamo la patria nella comunione misteriosa di un amore che non si esaurisce mai, che non si scruta mai fino in fondo e che noi o viviamo da quella fonte, o non viviamo.

 
D. – La gioia vera non deriva dai beni materiali che sono beni illusori: ecco, l’avvertimento del Pontefice è particolarmente urgente oggi, in una società – lo sappiamo – così permeata da tendenze materialiste e che a volte tende ad elevare a stile di vita il consumismo ...

 
R. – Noi non arriveremo mai a vivere la pienezza di questa comunione che Dio ci riserva e custodisce per l’escatologia, per i tempi compiuti e la fine del mondo ... noi non ci arriveremo mai se non la viviamo già oggi, nella nostra dimensione storica. Io penso che le cose possedute, questo prendere le cose e tenerle per se stessi, questo significa proprio far morire le cose. Le cose diventano immediatamente morte, mute, non parlano più, non comunicano più niente. Basta pensare di nuovo al Battesimo e a tutti i Sacramenti. Come dicono tanti Padri della Chiesa, soprattutto i Padri siriaci, orientali, è nei Sacramenti che la materia diventa veramente così come è nella volontà del Creatore.

 
D. – Il Papa ha rammentato all’Angelus che i primi cristiani vivevano e si consideravano forestieri quaggiù, sulla Terra, e viene alla mente la Lettera a Diogneto in cui dei cristiani si dice che “abitano il mondo ma non sono del mondo”. Eppure, questo non è un invito a voltare le spalle alle sofferenze del mondo ... Anche ieri il Santo Padre, dopo l’Angelus, ha lanciato un accorato appello per le popolazioni del Sudest asiatico colpite dalle terribili inondazioni di questi giorni ...

 
R. – E proprio questo è veramente l’atteggiamento del cristiano. Questo disinteresse, in un certo senso, che il cristiano ha per il mondo, ha a che fare con la questione del possesso del mondo. Il cristiano non è possessivo, né del mondo né della storia perché la storia non va secondo ciò che pensa il cristiano, perché Cristo stesso si è manifestato all’interno del travaglio della storia. Il cristiano non possiede, non è possessivo neanche nelle relazioni. La vocazione del cristiano è – come dice San Paolo – “vivere le cose come se non”, il che non vuol dire lasciar perdere le cose ma vuol dire comunque sapere che l’ultima parola è del Signore. Non bisogna avere un atteggiamento aggressivo anche verso la storia, come se noi sapessimo come sarebbe bello se la storia andasse in un senso che noi vogliamo e così ci sforziamo che deve andare così: questo non è cristiano! Perché Cristo stesso non ha fatto così! Tuttavia, all’interno di qualsiasi scenario storico, il cristiano trova la situazione ideale per rivelare ciò che lui è: comunione con Dio e con gli uomini.







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