All’Angelus, il Papa esorta i cristiani ad una vita orientata verso il cielo e
lancia un appello per le popolazioni del sudest asiatico, colpite dalle inondazioni
I cristiani compiano fedelmente il proprio dovere “con una costante tensione verso
il cielo”: è l’esortazione di Benedetto XVI che, all’Angelus domenicale a Castel Gandolfo,
ha ribadito l’importanza di spendere la propria esistenza “in modo saggio e previdente”.
Dopo la recita della preghiera mariana, il Santo Padre ha lanciato un accorato appello
alla comunità internazionale, affinché intervenga in sostegno delle popolazioni del
sudest asiatico colpite dalle inondazioni dei giorni scorsi. Il servizio di Alessandro
Gisotti: La
solennità dell’Assunzione di Maria, ormai prossima, ha detto il Papa, ci invita a
vivere un’esistenza “tutta orientata verso il futuro, verso il cielo, dove la Vergine
Santa ci ha preceduti nella gioia del paradiso”. Parole corredate da una profonda
riflessione sulla liturgia della XIX domenica del tempo ordinario:
In
particolare, la pagina evangelica, proseguendo il messaggio di domenica scorsa, invita
i cristiani a distaccarsi dai beni materiali in gran parte illusori, e a compiere
fedelmente il proprio dovere con una costante tensione verso l’alto. Il credente resta
desto e vigilante per essere pronto ad accogliere Gesù quando verrà nella sua gloria. “Attraverso
esempi tratti dalla vita quotidiana – ha detto ancora - il Signore esorta i suoi discepoli
a vivere in questa disposizione interiore, come quei servi della parabola che sono
in attesa del ritorno del loro padrone”. Dobbiamo dunque “vegliare, pregando e operando
il bene”. Si è così soffermato sulla seconda lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei,
in cui si presenta Abramo come pellegrino, nomade, guidato dalla fede, che vive in
una tenda, sostando in una regione straniera. La sua meta, ha sottolineato, “non è
in questo mondo, ma è il paradiso”. Allo stesso modo, i primi cristiani si consideravano
“forestieri” quaggiù, esprimendo così la caratteristica più importante della Chiesa
che è appunto “la tensione verso il cielo”: L’odierna
liturgia della Parola vuole pertanto invitarci a pensare “alla vita del mondo che
verrà”, come ripetiamo ogni volta che con il Credo facciamo la nostra professione
di fede. Un invito a spendere la nostra esistenza in modo saggio e previdente, a considerare
attentamente il nostro destino, e cioè quelle realtà che noi chiamiamo ultime: la
morte, il giudizio finale, l’eternità, l’inferno e il paradiso.
La
Vergine Maria, “che dal cielo veglia su di noi”, è stata l’invocazione di Benedetto
XVI, “ci aiuti a non dimenticare che qui, sulla terra, siamo solo di passaggio, e
ci insegni a prepararci ad incontrare Gesù”. Dopo la recita dell’Angelus, il Santo
Padre ha rivolto il pensiero alle popolazioni del sudest asiatico devastato, in questi
giorni, da terribili inondazioni:
Nell’esprimere
la mia profonda partecipazione al dolore delle popolazioni colpite, esorto le comunità
ecclesiali a pregare per le vittime e a sostenere quelle iniziative di solidarietà
promosse per alleviare le sofferenze di tante persone duramente provate. Non manchi
a questi nostri fratelli e sorelle l’aiuto tempestivo e generoso della Comunità Internazionale!
Al
momento dei saluti, particolarmente festoso, il Papa ha rivolto in lingua polacca
un pensiero a quanti, in questi giorni, si recano in pellegrinaggio nei Santuari mariani
e, in tedesco, alla Blaskapelle di Neukirchen am Inn. Rivolgendosi ai fedeli
italiani, ha salutato il coro giovani “Gli Alunni del Cielo” ed ha infine rinnovato
la preghiera a Maria, affinché ci aiuti “a rispondere sempre fedelmente alla vocazione
alla santità che Cristo rivolge ad ogni cristiano”.