2007-08-11 14:47:41

Brucia una baracca rom a Livorno: morti quattro bambini


Una candela accesa, una tragica fatalità: questa probabilmente la causa dell’incendio che si è sviluppato stamani a Livorno, in una baracca rom situata sotto un cavalcavia alla periferia della città. Quattro bambini romeni, tutti dai 4 ai 10 anni, sono rimasti carbonizzati dalle fiamme. I loro genitori sono stati convocati in Questura, mentre il sindaco di Livorno ha convocato una giunta straordinaria. Proclamato il lutto cittadino nel giorno in cui verranno celebrati i funerali delle piccole vittime. Il servizio di Isabella Piro.RealAudioMP3
 
Si chiamavano Eva, Danchiu, Lenuca e Nengi i quattro bambini romeni morti questa mattina a Livorno: avevano tutti tra i quattro e i dieci anni. Una tragedia annunciata, come conferma Mauro Nobili, direttore della Caritas diocesana di Livorno:

 
R. – Queste sono tragedie annunciate che prima o poi devono succedere, perché soprattutto in realtà piccole come quella di Livorno sono situazioni che potrebbero essere tranquillamente controllate. Il problema è che non ci sono, né a livello nazionale né a livello locale, politiche sociali serie ed universali, ma sempre settoriali. Questo dei nomadi è un discorso abbastanza serio; lasciare che occupino spazi a rischio, come quelli del sottoponte, o come quelli dei casolari abbandonati, fatiscenti, poi alla fine succedono cose di questo genere ...

 
D. – Ecco: la comunità rom di Livorno, quali emergenze presenta in particolare?

 
R. – Livorno è una realtà che ha il più basso tasso di immigrazione d’Italia, perché non c’è lavoro: siamo sotto al 3 per cento come immigrazione; e il nomadismo, anche quello c’è poco. Il problema grosso dei nomadi è che non li si può ghettizzare da qualche parte o comprare loro, dare loro il contentino della serra o anche di uno spazio per la roulotte e poi lasciarli lì! Il problema è che vanno accompagnati! Vanno fatti dei percorsi di inclusione sociale, bisogna portare i bimbi a scuola, insegnare loro che devono essere lavati la mattina, devono essere seguiti dalle assistenti sociali ... cose che, finché esistono i servizi sociali vanno avanti: nel momento in cui i finanziamenti finiscono, i bimbi ritornano a vivere nel fango. La mattina, non possono più andare a scuola perché sono sporchi, mandare un’assistente sociale tutti i giorni ad un campo nomadi di 40 persone, creare uno spazio per 40 nomadi dove ci siano i bagni, dove ci sia la luce, l’acqua corrente ... sono spese, poi, irrisorie. Però, poi bisogna esser lì tutti i giorni a presidiarlo, questo territorio; non si può lasciare lì! Vanno inclusi nella nostra società!

 
D. – Non è, purtroppo, la prima volta che si sviluppano incendi nei campi rom. A livello propriamente tecnico, di sicurezza, cosa occorrerebbe?

 
R. – Esistono delle leggi che dovrebbero prevedere degli spazi per loro, attrezzati e urbanizzati, quindi se avessero la corrente elettrica, forse non accenderebbero fuochi nemmeno l’estate nei sottoponti - poi, in questo momento, c’è pure la temperatura che si è abbassata – o nelle stanze fatiscenti di case decadenti ... Quelli che si nascondono dentro a questi ruderi, nessuno si preoccupa di andare a vedere dove dormono e come dormono! Quindi, basterebbe che fossero controllati ...

 
D. – Lei prima parlava della cultura di integrazione. C’è ancora, quindi, un pregiudizio nei confronti dei rom: come superarlo?

 
R. – C’è un pregiudizio perché la società continua a vivere questo assistenzialismo senza dare risposte concrete. Cioè, in termini operativi che cosa si fa? Io non l’ho ancora trovato scritto da nessuna parte, un progetto, a dire: questo è il percorso da fare per l’inclusione dei nomadi. Ed è un problema abbastanza diffuso; effettivamente, rimane ancora questo alone di diffidenza nei confronti di queste persone che non hanno dimora ...

 
Secondo Sabatino Caso, responsabile della comunità di Sant’Egidio di Livorno, questa drammatica vicenda richiama l'attenzione anche sulla situazione di molte famiglie rumene presenti nella zona:

 
R. – Numerose famiglie rumene che, nella zona tra Pisa e Livorno trovano rifugio – dopo numerosi sgomberi che avvengono in diverse città della Toscana – sotto i cavalcavia, sotto i ponti o addirittura nei campi e nei canneti che stanno intorno a queste due città. Si tratta di cittadini comunitari, e quindi non possono essere espulsi, e che, appunto, in realtà soffrono situazioni di difficoltà legate al fatto che non riescono a trovare case in affitto: le agenzie chiedono delle garanzie molto forti, molto onerose. E molto spesso in questi nuclei familiari i bambini frequentano le scuole, e che però provano a cercare tutte le strade per inserirsi nella società. E sembrano famiglie assolutamente normali, che sono venute qui dopo l’apertura delle frontiere in particolare, in cerca di un futuro e di una vita migliore. Nel caso che ci fossero difficoltà, noi offriremo alla famiglia di svolgere i funerali di questi bambini nella nostra chiesa di San Giovanni Battista nella città di Livorno.







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