2007-08-10 15:15:12

Migliaia in fuga per i disordini a Timor Est


Continuano i disordini e le violenze a Timor Est, la piccola repubblica asiatica indipendente dal 2002, dopo la nomina a premier di Xanana Gusmao, il principale leader del processo di emancipazione dall’Indonesia. A contestare il nuovo esecutivo è il maggiore partito del passato governo, il Fretilin, che ha dato il via a scontri e incidenti post-elettorali. Nella capitale Dili è tornata la calma, grazie alla forte presenza delle forze di sicurezza internazionali a guida ONU, ma in altre provincie sarebbero migliaia le persone costrette alla fuga. Sui motivi di questi disordini Stefano Leszczynski ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di "Amnesty International" in Italia: 00:01:42:94


R. – Le ragioni sono molteplici. Intanto, c’è una baruffa di tipo elettorale, ovvero post-elettorale. Fretlin, un movimento che ha condotto alla liberazione di Timor Est, ha vinto le elezioni, ma Gusmao, che è arrivato secondo con il suo partito, ha formato una coalizione con altri partiti abbastanza eterogenea e questa avrebbe i numeri per fare il governo. Da qui la sua nomina. Fretlin rischia di scatenare uno scontro di casta. Ha denunciato la nomina di Gusmao come non conforme alla costituzione e quindi le notizie di queste ore sono proprie di una crisi di natura istituzionale.

D. – Colpisce che su una popolazione di un milione di abitanti il tasso di disoccupazione arrivi quasi al 50 per cento. Quindi, sicuramente, dietro ai motivi politici ci sono dei motivi sociali molto pesanti...

R. – Il fatto che la disoccupazione sia, così alta spinge molti giovani a finire nelle bande criminali, rende facile identificare "eroi di piazza" come il leader ribelle dei militari, che ha messo insieme una banda di 600 militari circa, che si sono rivoltati contro l’esercito. E poi aggiungo a questo che come in tanti altri casi un presente che non fa i conti con il passato, con almeno 102 mila timoresi morti nel periodo dell’occupazione indonesiana dal ’74 al ’99, è’ un Paese che non fa i conti con questa storia, che non fa giustizia, che non va in cerca della verità. E’ un Paese che viene lasciato a gestire da solo - e questo è il rimprovero che Amnesty fa alla comunità internazionale - un periodo post conflitto che in tutti i casi è stato riscontrato come drammatico.







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