In Giappone, la città di Nagasaki ha commemorato con una serie di cerimonie le vittime,
almeno 70 mila, causate dalla bomba atomica sganciata 62 anni fa dall’aviazione americana.
Il secondo lancio di un ordigno nucleare nella storia è avvenuto a tre giorni dalla
bomba su Hiroshima che provocò la morte di 140 mila persone. Oggi il dibattito sul
nucleare e sull’impiego della bomba atomica durante la Seconda Guerra Mondiale è ancora
molto acceso, soprattutto negli Stati Uniti. Ascoltiamo, al microfono di Luca Collodi,
il diplomatico Giuseppe Panocchia, esperto di questioni legate al nucleare:
R. – Nella stessa
saggistica americana si è acceso un dibattito sull’utilizzo della bomba atomica di
Hiroshima. Da una parte c’erano le ragioni militari, ma dall’altra gli effetti di
quella terribile giornata pesano ancora sulla storia statunitense. Gli Stati Uniti
hanno fatto quello che in quel momento ritenevano necessario per vincere una guerra
che già era costata tanto sangue.
D. – Veniamo ad oggi: recentemente, Papa
Benedetto XVI si è appellato contro il riarmo nucleare. Quindi, in realtà, da Hiroshima
ad oggi poco sembrerebbe cambiato...
R. – Io direi che una strada, un percorso
c’è stato: si è arrivati alla firma di un trattato sulla non proliferazione atomica
che, in qualche modo, ha messo dei paletti allo sviluppo delle tecnologie nucleari
a fini militari. Oggi, direi, che dobbiamo porre grande attenzione e preoccupazione
per quello che può essere una proliferazione nucleare, derivante dalla diffusione
di tecnologie. Il rischio è che tali armi pervengano a persone che non hanno la responsabilità
necessaria per gestirle.
D. – Un Paese che oggi detiene o che in passato deteneva
la bomba atomica è un po’ più ‘spavaldo’ rispetto ad altri Paesi in politica estera?
Si fa cioè rispettare di più, secondo lei?
R. – Il possesso o il presunto possesso
danno, sicuramente, uno status che ha un certo peso nella politica internazionale.
Ma non credo sia questo il rischio reale. Il rischio oggi arriva da quelle che chiamano
le “mini nuts”, le piccole noci, ovvero piccolissimi armamenti nucleari che gruppi
terroristici vorrebbero utilizzare nella loro folle corsa verso forme di radicalizzazione
della lotta a livello internazionale.