Oggi la Chiesa, come ha ricordato il Papa all’udienza generale, celebra la memoria
liturgica di San Domenico di Guzmán, sacerdote e fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori,
meglio noti come Domenicani. Il servizio di Sergio Centofanti:
San
Domenico nasce nel 1170 in un villaggio montano della Vecchia Castiglia, l’attuale
Spagna. E’ portato allo studio e alla contemplazione. Ma la sua fede non è intimista.
Durante gli anni di preparazione alla teologia viene a contatto con le miserie causate
dalle continue guerre e dalla carestia: molta gente muore di fame e nessuno si muove!
Allora vende le suppellettili della propria stanza e le preziose pergamene per costituire
un fondo per i poveri. A chi gli esprime stupore per quel gesto risponde: "Come posso
studiare su pelli morte, mentre tanti miei fratelli muoiono di fame?" Colpito dall’ignoranza
dei fedeli cristiani che si lasciavano convincere dall’eresia catara che nel suo rigorismo
nascondeva la misericordia infinita di Dio, decide di fondare un Ordine tutto dedito
all’annuncio della Parola di Dio: i Frati Predicatori. Il suo motto è “Predicare e
camminare”. Devotissimo della Madre di Dio, per aiutare la gente semplice a vivere
la retta dottrina insegna a meditare sui misteri dell’Incarnazione recitando l’Ave
Maria: è il primo germe del Rosario. Era di poche parole e, se apriva la bocca, era
o per parlare con Dio nella preghiera o per parlare di Dio. Questa era la norma che
seguiva e questa pure raccomandava ai fratelli. La grazia che più insistentemente
chiedeva a Dio era quella di una carità ardente, che lo spingesse a operare efficacemente
alla salvezza degli uomini. Riteneva infatti di poter arrivare a essere membro perfetto
del corpo di Cristo solo qualora si fosse dedicato totalmente e con tutte le forze
a conquistare anime. Si definiva “umile ministro della predicazione”: due o tre volte
fu eletto vescovo; ma sempre rifiutò, volendo piuttosto vivere con i suoi fratelli
in povertà. Sfinito dal lavoro apostolico ed estenuato dalle grandi penitenze, il
6 agosto 1221 muore circondato dai suoi frati, nel suo amatissimo convento di Bologna,
in una cella non sua, perché lui, il Fondatore, non l’aveva. Ai frati lascia questo
testamento spirituale: «Abbiate la carità, conservate l’umiltà, accumulatevi i tesori
della santa povertà ». Viene canonizzato il 13 luglio 1234 da Papa Gregorio IX. L'Ordine
dei Domenicani conta oggi più di 600 case con oltre 6000 membri.
San
Domenico vive nello stesso periodo di San Francesco d’Assisi (1182 – 1226). Due grandi
figure dunque del Medio Evo europeo. Ascoltiamo in proposito il padre domenicano Francesco
Compagnoni, professore di teologia morale all’Angelicum, intervistato da Giovanni
Peduto:
R.
– Penso che queste due figure siano molto significative del Medio Evo europeo, quando
cioè è cominciata la nostra Europa, perché il XIII secolo è il secolo delle università,
delle cattedrali e dei grandi commerci internazionali. In questo senso il XIII secolo,
che è anche il secolo di Dante e di San Luigi di Francia, sembra tanto lontano, ma
è invece alle radici proprio della nostra epoca.
D.
– Qual è l’ispirazione di San Domenico?
R. – San
Domenico ha lavorato nel nord della Spagna, nel sud della Francia e nel nord dell’Italia.
In proporzione alla sua epoca aveva un’idea molto europea e voleva rinforzare le strutture
interne della fede cristiana, perché la sua epoca è un’epoca di grandi scontri, scontri
politici ma soprattutto ideologici e religiosi. In una certa maniera potremmo dire
che San Domenico ha sentito l’esigenza di contemplare e di studiare per aiutare i
suoi contemporanei che si trovavano in grandi difficoltà ideali, come in un certo
modo ci troviamo anche noi oggi.
D. – In questo
senso cosa dice San Domenico all’uomo di oggi?
R.
– Questo è molto difficile da dire, perché ci dividono da lui 800 anni, ma se volessimo
riflettere un po’ potremmo dire che le caratteristiche di San Domenico sono da una
parte la contemplazione, cioè il riservarsi nella propria vita un tempo di meditazione
sugli argomenti della fede, e dall’altra lo studio che oggi è molto utile per i cristiani
per poter affrontare le nuove sfide del tempo che ci circonda.
D.
– E a voi, suoi figli spirituali?
R. – Ci parla soprattutto
attraverso la tradizione dell’Ordine, perché non è che noi ovviamente abbiamo un rapporto
diretto con lui, ma abbiamo un rapporto con tutta la tradizione che è venuta formandosi
e cerchiamo quindi di impegnarci nello studio, nella predicazione e poi nella nostra
contemplazione particolare.
D. - Voi state tenendo
il vostro Capitolo Generale a Bogotà, con quali obiettivi?
R.
– Il Capitolo generale di un Ordine come il nostro, che è un Ordine mondiale, è un
po’ come un incontro sulla globalizzazione: si tratta quindi di vedere da tutte le
parti del mondo quali sono le cose che nella nostra azione vanno cambiate sia per
adeguarsi alle esigenze della Chiesa che del mondo contemporaneo. Il Capitolo ha,
quindi, come scopo quello di adeguare la nostra missione a coloro che debbono ricevere
questa missione.