Crisi agricola in Zimbabwe: ogni giorno, mille persone attraversano il confine con
la Zambia per procurarsi beni di prima necessità
Sarebbe salito di recente da una media di 60 a circa mille il numero dei cittadini
dello Zimbabwe che attraversa ogni giorno il varco doganale di Livingstone, cittadina
turistica vicina alle turistiche cascate Victoria, per recarsi nella confinante Zambia
a comprare beni di prima necessità come mais, farina, latte e pane. Anche Sudafrica
e Botswana segnalano situazioni simili. Come riferisce l’agenzia MISNA, la crisi che
da tempo attanaglia lo Zimbabwe potrebbe essere sul punto di causare anche una carestia;
già da tempo, enti dell’ONU hanno avvisato che circa un quarto della popolazione (quattro
milioni di persone) potrebbe essere presto a rischio alimentare. Harare ha annunciato
che il prossimo raccolto di grano sarà il peggiore degli ultimi anni, ben al di sotto
delle 78 mila tonnellate dello scorso anno, anche a causa dell’insufficienza di energia
elettrica disponibile per i lavori agricoli. I coltivatori delle regioni settentrionali
del Sudafrica, al confine con lo Zimbabwe, sarebbero giunti al punto di vigilare regolarmente
sui loro raccolti per difenderli dal saccheggio di migranti clandestini. Dopo aver
atteso per 20 anni l’aiuto economico concordato nel 1979 con Londra e mai erogato,
nel 2000, il governo del presidente Mugabe (che dal 1964 al 1979 aveva guidato la
cosiddetta “bush war”) ha attuato una controversa riforma agraria. Oltre il 70% delle
terre coltivabili era detenuto dallo 0.6% della popolazione, i coloni bianchi, presenti
dal tempo in cui il Paese era ancora chiamato Rhodesia del Sud ed era amministrato
dall’inglese Ian Smith, noto per le sue politiche razziste e separatiste. Affidate
a ex-combattenti, le terre ridistribuite non sono state più coltivate a dovere, sia
per scarsa competenza tecnica, sia per l’impossibilità di procurarsi fertilizzanti
e attrezzature agricole tacitamente embargate dal resto del mondo. Già nel 2003, la
produzione agricola di quello che era chiamato “il granaio d’Africa” si era ridotta
di due terzi rispetto agli anni ‘90. (R.M.)