Domani sera, nella Memoria della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore,
Roma rivivrà il tradizionale "miracolo della neve"
Domani la Chiesa fa memoria della Dedicazione della Basilica Papale di Santa Maria
Maggiore. L’arciprete della Basilica, il cardinale Bernard Francis Law, celebrerà
la Messa Pontificale alle 10.00 e i Secondi Vespri della Solennità alle 17.00, mentre
la Messa di chiusura delle annuali celebrazioni sarà presieduta, alle 18.00, dal vescovo
Renato Boccardo, segretario generale del Governatorato della Città del Vaticano. Santa
Maria Maggiore rivivrà in serata il tradizionale “miracolo delle neve”: candidi fiocchi
cadranno sulla Piazza con l’ausilio di appositi cannoni collocati in diversi punti,
per evocare l’apparizione mariana e la straordinaria nevicata estiva del 358. Secondo
un’antica tradizione, proprio nella notte tra il 4 e il 5 agosto di quell’anno la
Vergine apparve in sogno a Papa Liberio e chiese che venisse costruita una chiesa
nel luogo in cui in quella stessa notte sarebbe caduta la neve. Ma qual è l'attendibilità
di questa tradizione? Giovanni Peduto lo ha chiesto a mons. Granito Cavanti,
camerlengo della Basilica:
R.
– E’ una graziosa e ben nota tradizione che noi romani teniamo veramente nel cuore
e crediamo realmente questo, ma non possiamo dire che si sia trattato di un miracolo
vero e proprio. Noi lo riteniamo come una grazia della Madonna Santissima, che ha
voluto rivelarsi al popolo romano e che, apparendo in sogno al Papa Liberio, chiese
la costruzione di una chiesa in suo onore, in un luogo che Ella avrebbe miracolosamente
indicato. La mattina del 5 agosto, il colle Esquilino apparve ammantato di neve. Purtroppo
della primitiva costruzione non rimase nulla e la basilica attuale è quella ricostruita
80 anni dopo dal Pontefice Sisto III, che regnò dal 432 al 440.
D.
– Quale significato teologico acquista il titolo di Madonna della Neve e cosa dice
all’uomo di oggi?
R. – Noi dobbiamo considerare la
neve come un qualcosa di spirituale, anche perché la vediamo raramente e quando scende
ci sentiamo più buoni, più raccolti. All’uomo d’oggi la Madonna parla ugualmente,
anche se il mondo di oggi si è materializzato e sembra che si sia distaccato proprio
da quello che è il significato religioso della parola; io credo, vedo ed anche noto
che ci sia una fede profonda nell’uomo di oggi.
D.
– Monsignore, torniamo alla Basilica e riprendiamo la parte storica, ma con un cenno
anche alla parte artistica …
R. – Questa grandiosa
basilica di stile paleocristiano è architettata in tante colonne ed ornata da splendidi
mosaici. Doveva rappresentare nella mente di Sisto III, che fu l’autore della Basilica,
un monumento di fede e di amore da innalzarsi a nome del popolo di Dio, a seguito
del Concilio di Efeso, dell’anno 431, che proclamò Maria Madre di Dio. Dal VII secolo
la Basilica custodisce anche alcune reliquie della culla di Gesù a Betlemme ed io
credo che questi pezzi di legno che noi abbiamo e custodiamo gelosamente siano effettivamente
– e non lo crediamo soltanto con il cuore, ma io lo credo profondamente – originali.
Noi li apprezziamo e li onoriamo. La Basilica è rimasta inalterata nella sua struttura
centrale, ma ha subito diversi ingrandimenti e modificazioni. Alla fine del VI secolo,
Sisto V e Paolo V aggiunsero alla Basilica le due magnifiche cappelle, la Sistina
e la Paolina. Successivamente Benedetto XIV fece anche eseguire gli ultimi restauri
che conferiscono alla Basilica l’attuale aspetto. L’immagine che si venera nella Cappella
Paolina, “Salus Populi Romani”, fu ritenuta opera di San Luca che avrebbe ritratta
Maria – ancora vivente – raffigurandola a colori sulla tavola, per lasciarla impressa
nei secoli. Io ho parlato una volta con un professore tedesco proprio sull’epoca di
questa nostra Madonna. Lui mi disse che assolutamente non è del I secolo, e quindi
della prima era cristiana, ma si tratta comunque di un’icona antichissima che si potrebbe
collocare tra il V-VI-VII secolo.