La preoccupazione dei vescovi britannici per la proposta di legge che equipara la
coabitazione al matrimonio
Una legge che rischia di “equiparare la coabitazione con il matrimonio”, ed in particolare
di conferire “un riconoscimento legale alla coabitazione”. Questa la preoccupazione
espressa in una nota da mons. John Hine, vescovo ausiliare di Soutwark e presidente
della Commissione episcopale per il Matrimonio, la famiglia e la vita di Inghilterra
e Galles. Come riporta l’agenzia Sir, al centro dell’attenzione è la proposta di legge
britannica che riguarda le “conseguenze finanziarie” tra coabitanti, quando questi
si separano, e che “prevede uno schema per le coppie di coabitanti che si separano,
interamente distinto da quello che si applica quando due sposi divorziano”. Al contrario,
per la Chiesa locale, lo Stato ha “il dovere di promuovere, mantenere e salvaguardare
il matrimonio come base della vita familiare, e come ambiente migliore e più stabile
per allevare i figli”. “Le coppie che coabitano e scelgono volontariamente di non
sposarsi – ricorda Hine – rinunciano alle responsabilità e agli obblighi del matrimonio
e dunque, ai benefici legali del matrimonio”. Di qui l’inaccettabilità di “equiparare
la coabitazione al matrimonio”, identificando in particolare “una durata minima della
relazione di coabitazione” che porti a “creare un nuovo status giuridico per la coabitazione”.
(E. B.)