La Chiesa ricorda Sant’Ignazio di Loyola. Il Papa: è stato un uomo di Dio, fedele
servitore della Chiesa. Con noi, il rettore della Gregoriana, padre Gianfranco Ghirlanda
Un uomo che “pose al primo posto nella sua vita Dio, la sua maggior gloria e il suo
maggior servizio”: così, Benedetto XVI ha definito Sant’Ignazio di Loyola, incontrando
la Compagnia di Gesù lo scorso 22 aprile, in occasione del 450.mo centenario dalla
morte del Santo fondatore dell’ordine dei gesuiti. Parole che risuonano particolarmente
vive oggi, nel giorno in cui la Chiesa celebra la memoria liturgica di Sant’Ignazio
di Loyola. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Un Santo
“fedele servitore della Chiesa, nella quale vide e venerò la sposa del Signore”. Così
Benedetto XVI mette l’accento sullo spirito di servizio alla Verità, che contraddistinse
la vita di Sant’Ignazio. Un uomo che visse intensamente tutte le sfide del suo tempo.
Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, che oggi, forte di 19 mila
religiosi, è l’ordine più grande nella Chiesa si spense il 31 luglio del 1556, all’età
di 65 anni. Lungo tutta la sua esistenza, fu un pellegrino instancabile alla ricerca
della volontà di Dio e un testimone coraggioso del Vangelo, animato da zelo missionario.
Stasera, alle ore 19, nella chiesa romana del Gesù dove è venerato il corpo del Santo,
il preposito generale dei gesuiti, padre Peter-Hans Kolvenbach, presiederà una solenne
celebrazione. A 5 secoli dalla fondazione della Compagnia di Gesù, Sant’Ignazio è
ancora oggi una figura quanto mai attuale che sa affascinare persone lontane dalla
Chiesa, grazie anche alla sua lealtà d’animo. Un carisma, questo, sul quale si sofferma
padreGianfranco Ghirlanda, rettore della
Pontificia Università Gregoriana, voluta fortemente da Sant’Ignazio:
R.
– Sant’Ignazio è stato un uomo che nella sua vita ha vissuto il senso della lealtà.
Quando era al servizio del re di Spagna cercava di distinguersi in tale servizio,
cioé di compierlo secondo gli obblighi che esso gli imponeva, di portare fino in fondo
ciò che doveva compiere. Senza Sant'Ignazio, Pamplona sarebbe probabilmente caduta
prima. Si arrese quando Sant'Ignazio fu ferito. Dopo la conversione, Sant’Ignazio
si mette alla ricerca della volontà di Dio. Quella lealtà che lo ha contraddistinto
nel suo servizio al re umano la rivolge al Re eterno, Gesù Cristo. La ricerca della
volontà di Dio per adempierla fedelmente è certo opera della grazia, ma si innesta
su una dote naturale: la sincerità, la lealtà. Non si può dire di servire Dio cercando
di fare la propria volontà. E’ una menzogna. La ricerca della volontà di Dio durerà
anni e anni. In un primo momento, pensa di poter servire Dio secondo degli schemi
o dei modelli di santità precostituiti, ma le circostanze della vita gli fanno prendere
coscienza che Dio vuole altro da lui. Dio ha stabilito per lui la via che deve seguire
e lui docilmente si mette in ascolto dello Spirito e attua il progetto di Dio. Sant'Ignazio
si autodefinisce come il pellegrino. Non lo è solo perché ha percorso le strade d'Europa
a piedi, ma perché anche quando si è fermato fisicamente a Roma, ha continuato a cercare
la volontà di Dio fino alla sua morte. Possiamo dire che è il pellegrino in continuo
cammino nella ricerca della volontà di Dio. Questo, penso, che possa attirare ancora
oggi, in quanto la lealtà e la ricerca della volontà di Dio fa appello alla libertà
e alla dignità della persona.
D. – Gli Esercizi Spirituali
di Sant’Ignazio sono un’opera che ha accompagnato il percorso spirituale di generazioni
e generazioni di fedeli. Cosa possono offrire gli Esercizi ai fedeli di oggi, specie
ai giovani?
R. – Gli Esercizi Spirituali sono una
scuola di preghiera, discernimento, libertà e amore. Tutta la persona viene chiamata
in causa, con tutte le sue facoltà. L’attualità degli Esercizi e della spiritualità
che ne scaturisce consiste nell’apprendimento di un metodo che interpella fino in
fondo la libertà e la responsabilità della persona, che si pone davanti a Dio nella
sincerità e nella trasparenza. Quanto mai alieno dagli Esercizi è ogni tipo di indottrinamento
o di induzione da parte di chi li dà ad una o all'altra scelta. I giovani che vogliono
prendere sul serio le proprie scelte sono attratti dagli Esercizi di Sant’Ignazio.
Sentono che la risposta a Dio non può che essere nell’amore e l’amore si ha solo nella
libertà della scelta. Oggi molti seminaristi o religiosi e religiose in formazione,
fanno l’intero mese, anche se faticoso. Seminaristi o religiosi e religiose che prima
di ricevere gli ordini sacri o di fare i voti, responsabili del passo che vanno facendo,
si mettono sinceramente alla ricerca della volontà di Dio. Anche laici si impegnano
in questa esperienza o nella forma dei 30 giorni continuati oppure per tappe, mettendosi
alla scuola dello Spirito per impostare la loro vita secondo il Vangelo.
D.
– Lei come Rettore di una grande università incontra tanti giovani, quotidianamente.
Cosa, secondo Lei, colpisce di più della figura di Sant’Ignazio, i giovani che decidono
di entrare nella Compagnia di Gesù?
R. – Purtroppo
oggi non sono tanti i giovani che decidono di entrare nella Compagnia di Gesù, anche
perché in genere la Compagnia fa precedere al noviziato una severa selezione. Quello
che può attirare un giovane alla Compagnia innanzitutto è la spiritualità della Compagnia
che scaturisce dagli Esercizi Spirituali: una spiritualità che conduce alla contemplazione
del Mistero di Dio e nello stesso momento impegna fino in fondo al servizio dell’uomo.
Inoltre, attira l’ampiezza dell'azione apostolica della Compagnia al servizio della
Chiesa, sotto la guida del Romano Pontefice. Attira tutto ciò che riguarda la propagazione
della fede, che deve farsi nella ricerca della giustizia e della pace, in un’attenzione
alle sfide che il mondo di oggi, nella crisi di valori, sta attraversando.
D.
– Nel suo discorso alla Pontificia Università Gregoriana del 3 novembre scorso, il
Papa ha esortato i padri gesuiti a conservare e ravvivare “lo spirito ignaziano”.
Come raccogliere questa sfida?
R. – In ogni attività
apostolica, la Compagnia di Gesù cerca di trasfondere il metodo degli Esercizi, in
modo differenziato a seconda dell’opera. La Gregoriana è un’istituzione accademica,
quindi lo spirito ignaziano si traduce nel formare integralmente delle persone, scientificamente,
umanamente e religiosamente, affinché si pongano come persone libere e responsabili
che ricercano la verità per aderirvi per convinzione interna e non solo perché essa
è detta o imposta loro. La verità è una e oggettiva ed è quella che deve essere raggiunta,
ma per formare dei cristiani adulti si debbono fornire loro gli strumenti per cercarla
e quindi aderirvi con convinzione. E’ evidente che tale spirito potrà essere conservato
e promosso se la Compagnia di Gesù manterrà la responsabilità piena del governo dell’Università
e se il corpo docente stabile sarà formato in stragrande maggioranza da gesuiti e
se i docenti non gesuiti aderiranno sempre più profondamente alla dichiarazione d’intenti
dell’Università.