La sinergia tra evoluzionismo e creazionismo e l'inscindibilità tra amore e dolore
affrontati dal Papa nell'incontro con il clero trevigiano e bellunese. Sul valore
della sofferenza, il commento del prof. Tonino Cantelmi
I temi dell’evoluzionismo e del creazionismo e il rapporto tra amore e dolore sono
stati al centro dell’incontro, tenutosi martedì scorso nella chiesa di Santa Giustina
Martire ad Auronzo di Cadore, tra Benedetto XVI ed il clero delle diocesi di Treviso
e Belluno-Feltre. Il Papa ha detto che l’evoluzione è una realtà, confermata da prove
scientifiche, ma non è sufficiente a spiegare tutta la realtà. Il servizio di Amedeo
Lomonaco:
Benedetto
XVI ha detto che è necessario “riconoscere la ragione creatrice” per “ritrovare il
senso della vita” e concepire la “dignità umana”. Il Papa ha fatto poi riferimento
al dibattito, attualmente molto acceso in Germania e negli Stati Uniti, sul creazionismo
e sull’evoluzionismo, presentati come alternative escludenti. Benedetto XVI ha sottolineato
che non c’è una contrapposizione tra l’evoluzione e l’opera del Dio Creatore.
"Questa
contrapposizione è un’assurdità perché da una parte ci sono tante prove scientifiche
in favore di un’evoluzione che appare come una realtà che dobbiamo vedere e che arricchisce
la nostra conoscenza della vita e dell’essere come tale. Ma la dottrina dell’evoluzione
non risponde a tutti i quesiti e non risponde soprattutto al grande quesito filosofico:
da dove viene tutto?".
L’uomo è poi chiamato
a dare risposte e senso alla propria vita e alla “grande armonia cosmica pensata dal
Creatore”. La vita senza Dio, ha detto il Santo Padre, è un "semplice pezzo dell’evoluzione".
E’ importante - ha aggiunto il Papa - che la ragione si apra di più:
"Siamo
pensati e voluti e, quindi, c’è un’idea che mi precede, un senso che mi precede e
che devo scoprire, seguire e che dà finalmente significato alla mia vita".
Conoscendo
la realtà del senso precedente - ha detto poi Benedetto XVI - possiamo anche riscoprire
il senso della sofferenza. Il Papa ha sottolineato, in particolare, come amore e dolore
siano inscindibili. L’amore, ha aggiunto, è donarsi e rinunciare a se stessi:
"Tutto
questo è dolore, sofferenza, ma proprio in questa sofferenza del perdermi per l’altro,
per l’amato e quindi per Dio, divento grande e la mia vita trova l’amore e nell’amore
il suo senso".
Sull’inscindibilità di amore e
dolore ascoltiamo, al microfono di Fabio Colagrande, il professore di psichiatria
all’Università Gregoriana, Tonino Cantelmi:
R.
- L’altro è un po’ il nostro specchio, ci rimanda le nostre cose peggiori, ci rimanda
ai nostri limiti; con l’altro si entra in conflitto, con l’altro è necessario in qualche
modo fare i conti, con l’altro è necessario mettersi in discussione. Questa è fonte
inevitabile di sofferenza. In ogni relazione interpersonale, c’è una quota di sofferenza.
Ma senza questa quota di sofferenza cadiamo in un amore narcisistico e non in un amore
reale. Per questo motivo dolore, sofferenza e amore sono inscindibili. E’ come dire
che sono facce di una stessa medaglia.
La sofferenza
non è, comunque, un’esperienza assolutamente ed esclusivamente negativa Ascoltiamo
ancora il prof. Cantelmi:
R. - Bisogna imparare ad
entrare nella sofferenza. Il dato più impressionante di questa società non è tanto
il tabù sulla morte o tutti gli altri tabù, ma quello della negazione della sofferenza.
E’ come se all’uomo fosse impedito di soffrire: è come se modo la sofferenza fosse
un qualcosa di esclusivamente negativo. Ma noi sappiamo che non è così e, in effetti,
non lo è neanche da un punto di vista psicologico: un bambino non cresce se non è
in grado di affrontare sofferenze proporzionate alle sue capacità. Un adulto non entra
in relazione con un altro adulto se in qualche modo non è capace di entrare nella
sofferenza di questa relazione. Ma, soprattutto, noi non entriamo in relazione con
noi stessi se non siamo in grado di entrare dentro le nostre sofferenze.
Il
concetto di indiscibilità di amore e dolore, di amore e Dio - ha detto infine il Papa
durante l’incontro con il clero bellunese e trevigiano - deve far parte della coscienza
moderna: vanno riscoperti l’amore che diventa grande nella rinuncia e la dimensione
più autentica dell’uomo.