Il commento al Vangelo della Domenica del teologo, don Massimo Serretti
La XVII Domenica del tempo ordinario presenta il passo del Vangelo nel quale Gesù,
dopo essersi ritirato in solitudine a pregare, risponde insegnando il Padre Nostro
ai discepoli che gli avevano chiesto:
"Signore, insegnaci a pregare, come
anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli".
Sul
significato di questo brano del Vangelo, ascoltiano il commento del teologo, don
Massimo Serretti, docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
I discepoli
che stavano con Gesù, a volte lo vedevamo ritirarsi e pregare. Loro lo vedevamo, benché
egli pregasse nel segreto e, quindi, quel che essi vedevano era quel che da quel segreto
poteva trasparire dal volto stesso di Gesù, dal suo sguardo e dalle sue parole. E’
come se Gesù non potesse nascondere del tutto la sua preghiera, la sua comunione filiale
col Padre. Era troppo potente e pervasiva, lo assorbiva interamente e ne usciva -
ogni volta - cambiato, straordinariamente cambiato. E, al contrario di Mosè, non si
metteva alcun velo sul volto. E’ da questa esperienza così misteriosa ed insieme attraente
che nasce la domanda: “Signore, Signore insegnaci a pregare, Signore”, perché era
di un’evidenza lampante che mai avevano visto un uomo pregare come pregava quell’uomo.
Insegnaci, perché se la preghiera è da un lato l’atto più spontaneo, dall’altro è
quello che richiede più obbedienza e più apprendimento. “Noi, infatti, nemmeno sappiamo
cosa chiedere”, dice l’apostolo Paolo.