Terz'ultimo giorno di permanenza di Benedetto XVI in Cadore. La gioia dei parroci
per l'incontro di ieri con il Papa. Mons. Andrich: le sue parole, una fonte di sapienza
pastorale
Dopo l'importante incontro di ieri mattina con il clero delle diocesi bellunese e
trevigiana, quella appena trascorsa è stata una mattinata di riposo per Benedetto
XVI, all'interno della villetta di Lorenzago di Cadore che lo ospita dallo scorso
9 luglio. Ieri pomeriggio, il Santo Padre non ha però rinunciato alla consueta passeggiata
e alla recita del Rosario nel verde della natura. Al microfono di Tiziana Campisi,
l’inviato del quotidiano “Avvenire” Salvatore Mazza:
R.
- Benedetto XVI, come d’abitudine, verso le 18 ha lasciato la villetta ed è tornato
in uno dei luoghi dove era già stato nei giorni scorsi, nella Cappella di Sant’Antonio
Abate, che si trova vicino a Lorenzago. Qui, ha recitato il Rosario. Si è fermato
un attimo nel piccolo parco intorno alla cappellina per passeggiare. Non ci si aspettava
che uscisse, perché ieri c’è stato un violentissimo temporale, tanto violento quanto
breve. Si pensava quindi che non fosse la giornata adatta. Ma passato il temporale,
è tornato un tempo assolutamente splendido e il Papa ha quindi deciso di uscire comunque.
E’ rientrato, come sempre, tra le 19 e le 19.15, alla villetta, dove ha cenato e trascorso
la serata.
D. - Il Papa anche stavolta ha fatto
degli incontri? Si è fermato con qualcuno?
R. - No,
anche perché non c’era nessuno in giro, proprio a causa del temporale verificatosi
poco prima. E’ stata una cosa molto riservata. Ovviamente, in molti lo hanno visto
passare. C’era gente che lo ha salutato e il Papa ha ricambiato i saluti dal finestrino,
ma senza fermarsi e senza fare altri incontri.
D.
- Nella mattina di ieri, Benedetto XVI ha incontrato il clero delle diocesi di Belluno-Feltre
e di Treviso. Quali risonanze ha avuto questo incontro?
R.
- Parlando con i sacerdoti, dopo l’incontro, posso dire che erano tutti molto contenti.
Hanno sottolineato l’importanza di quanto detto dal Papa. Si è parlato anzitutto di
pastorale e di problemi molto concreti, come il dialogo con gli immigrati, i giovani,
l’educazione, il ministero del sacerdote.
L'incontro
del Pontefice con il clero locale ha toccato diversi argomenti, sintetizzati dalle
dieci domande poste a Benedetto XVI dai sacerdoti delle diocesi di Belluno-Feltre
e di Treviso. All’incontro, che si è svolto ad Auronzo di Cadore, nella chiesa di
Santa Giustina, hanno preso parte circa 400 tra parroci e sacerdoti. Luca Collodi
ha raccolto il commento di mons. Giuseppe Andrich, vescovo di Belluno-Feltre:
R.
- E’ stato veramente memorabile questo incontro per noi, per la semplicità e la profondità.
Il Papa non è stato sbrigativo, non ha dato l’idea di una semplicità che fosse imprecisione,
o risposte date per comodo, superficiali, ma una semplicità che andava all’essenziale
e che denota in lui, mi pare di poter dire, quella capacità di vedere in simultanea
moltissimi aspetti, individuando con grande precisione le priorità, per dare uno sguardo
alla dimensione pastorale della nostra Chiesa e dei nostri preti, per renderli capaci
di essere pastori e non "burocrati".
D. - Difatti,
uno dei temi centrali ha riguardato la pastorale e qui il Papa è stato molto chiaro:
il prete non è un "burocrate del sacro"...
R. -
Certamente. Questo punto è stato particolarmente accolto da quei preti, con i quali
poi ho parlato, come fondamentale, perché l’organizzazione attuale che noi vescovi
dobbiamo dare per una distribuzione del clero che sia rispondente a quella diminuzione
forte del numero dei preti, quel un nuovo tipo organizzativo che vede la vita comune
del clero di più al servizio di tutti, comporta per molti versi una preoccupazione
esagerata nei preti per tante cose organizzative. Ma credo che si debba veramente
condividere la nostre responsabilità con i laici, perchè molto spesso si chiede alla
Chiesa e anche al prete molte cose che sviano da quel servizio fondamentale al Vangelo
e alla crescita dell’amore nel mondo.
D. - Il Papa
ha affrontato il tema della pastorale giovanile: un tema che sta molto a cuore a Benedetto
XVI...
R. - Certamente. In particolare, vorrei sottolineare
l’intervento del Santo Padre che cercava di individuare il motivo di tanta sofferenza
nell’animo giovanile, al di là della superficialità apparente del loro modo di comportarsi.
Quella sofferenza che porta alla disperazione, che il Papa ha individuato come un
non-senso alla vita, che deriva da una cultura che oggi non riesce più ad affrontare
i problemi reali, soprattutto di chi ha grande aspirazione alla felicità. Come pure
il problema dei suicidi o delle morti sulle strade per delle corse spericolate, alla
ricerca di un’emozione che non può pagare in soddisfazione e felicità. Questi temi
sono stati affrontati con molta partecipazione dal Santo Padre.
D.
- Benedetto XVI ha parlato della presenza di una ragione creatrice che può dare nuovo
stimolo anche per la vita, per l’esistenza, per il futuro ai giovani...
R.
- Ha tracciato una prospettiva storica ed anche una prospettiva sul futuro, per questo
mito di una scienza che in qualche maniera si contrappone alla fede. Questo problema
di un mondo in cui Dio non c’è, che diventa un mondo dell’arbitrarietà e che, come
tale, crea dei percioli per l'uomo.
Grande,
come detto, l’entusiasmo dei sacerdoti che hanno incontrato il Papa. Particolarmente
apprezzate le risposte di Benedetto XVI alle loro domande. Ascoltiamo,+ al microfono
di Tiziana Campisi, don Sergio De Martin Modolado, parroco della chiesa
dei Santi Ermagora e Fortunato di Lorenzago di Cadore: R.
- Il Papa ha sottolineato molto l’ascolto ieri, in quasi tutte le risposte: l’ascolto.
Forse abbiamo troppe cose da dire e oggi nessuno ascolta più. E invece credo che questo
atteggiamento tipicamente mariano, quello di ascoltare per capire bene l’altro - che
può essere anche un laico, che può essere anche una persona di diversa opinione o
religione - sia importante. Poi, sono venuti fuori problemi attinenti al Concilio
Vaticano II. Qui, il Papa ha detto così: “Umiltà senza trionfalismo”. "Questo è molto
bello, però", ha aggiunto, anche con decisione. E ancora, ha sottolineato alcuni aspetti
positivi circa la partecipazione più attiva dei laici nella vita della Chiesa, dei
Movimenti, la loro disponibilità.
D. - Che cosa
ha sottolineato, in particolare, Benedetto XVI?
R.
- Ci ha parlato della crescita nella Chiesa, e poi ha detto: “Noi dobbiamo sempre
essere testimoni della speranza”, quindi ci ha esortato ad annunciare, qualche volta
con le parole, ma soprattutto con la vita, la convinzione che Dio ci ama e ha sottolineato
che talvolta è necessaria, per farlo, anche la "croce".
D.
- Quali altre domande sono state poste al Papa?
R.
- Un sacerdote ha chiesto che risposte possiamo dare noi sacerdoti in circostanze
difficili, di fronte a quei matrimoni cristiani che in situazioni irreversibili sono
causa di tanta sofferenza perchè molti non possono accostarsi al sacramento della
Comunione. La risposta del Papa è stata: “La verità con amore, con carità”. Qui, c’è
tutta una sensibilità pastorale che credo che non sia legata a nessuna laurea, ma
venga dal cuore.
D. - Di questo colloquio con il
Santo Padre, cosa le è rimasto particolarmente impresso?
R.
- Le sue risposte, che hanno avuto sempre dei riferimenti a Dio. Come sempre, il Santo
Padre riporta a Dio. La famiglia, ad esempio, come l’ha pensata Dio, come Dio l’ha
posta sulla terra. Al di là, invece, oggi, c’è una cultura che si è allontanata da
questo progetto di Dio, per cui ci si trova dinanzi ad una realtà che fa soffrire.
L’uomo oggi soffre, è inquieto, si crea problemi. Allora, il Santo Padre ci ha detto
di essere testimoni di speranza, anche con il sorriso, con l’incontro, con la benevolenza:
fermarsi a vedere ciò che abbiamo di fronte in positivo. E parlando della figura del
parroco, ha detto: “Non sia un 'burocrate de sacro', ma un pastore che accompagna,
che vive insieme, che cresce, che annuncia”. La nostra tipica specialità è proprio
questa: portare l’uomo a Dio, senza lasciarsi travolgere da quello che non spetta
a noi. Qualche volta, questa è una grave tentazione che ci stressa, che ci butta giù,
per cui, dopo, la preghiera non è più quella e il rapporto con Dio non è più profondo.
Le parole del Papa ci hanno incoraggiato molto. Ecco, ciò che noto è che la gente
si accosta al Santo Padre, lo cerca, vuole ascoltarlo come chi ha sete. Si corre come
verso una fonte che ha parole semplici e profonde. E quando parla, Benedetto XVI dà
risposte ai problemi che la gente poi si porta dentro.