Il servizio dei cappellani militari all'interno delle Forze armate nella testimonianza
dell'Ordinario militare per l'Italia, mons. Vincenzo Pelvi
“Il cappellano militare è un sacerdote che porta Cristo al cuore degli uomini”. Lo
afferma l’arcivescovo Vincenzo Pelvi, ordinario militare per l’Italia, in riferimento
al disegno di legge presentato al Senato italiano da Verdi e Comunisti italiani che
punta ad un ridimensionamento dei cappellani militari nelle caserme. Mons. Pelvi,
sottolinea l’attività umanitaria e caritativa promossa dall’Ordinariato militare,
all’estero, con il sostegno offerto ad alcune scuole di Sarajevo per favorire l’integrazione
tra bambini cattolici, musulmani e ortodossi, ed in Italia - tra l’altro - a sostegno
economico degli orfani e delle persone diversamente abili di famiglie povere dei militari.
Luca Collodi ha chiesto a mons. Vincenzo Pelvi, ordinario militare per
l’Italia, perché è importante la figura del cappellano militare nelle Forze Armate.
R. -
Il cappellano militare è un sacerdote e il sacerdote porta Gesù Cristo al cuore degli
uomini. Nella situazione concreta della nostra nazione, c’è questa esigenza, questa
attesa, questo diritto richiesto dal mondo militare di conoscere Gesù Cristo. Per
questo, il cappellano trova a livello giuridico e costituzionale la sua presenza motivata
nelle Forze Armate, per una risposta al diritto che hanno i cittadini di veder garantita
la libertà religiosa e la conoscenza dei principi e dei dettami religiosi.
D.
- Mons. Pelvi, qualcuno obietta che non si può servire pienamente la causa della pace
con le armi...
R. - La Chiesa è al servizio della
persona. La Chiesa, servendo la persona, serve la pace. Penso che dobbiamo riflettere
sulla connotazione che diamo al concetto di pace. Bisogna andare oltre una mentalità
riduttiva della pace, nel senso che dobbiamo avere una visione allargata della pace
perché se penso alla salvaguardia del Creato, alla difesa e alla promozione della
vita, allo sviluppo e alla solidarietà tra i popoli, dico che l’impegno di tutte queste
dimensioni sono al servizio della pace. E allora cambiamo mentalità, cioè non pensiamo
alla pace come assenza di guerra ma alla guerra come assenza di pace. Partiamo da
un concetto di pace più ampio e allora qui si trova il senso anche del servizio della
Chiesa che è un servizio alla pace. Mi viene immediato il riferimento a Giovanni XXIII
che è stato un cappellano militare e che ha dato dei pilastri del Magistero sulla
pace.
D. - Alcuni contestano il fatto che lei, mons.
Pelvi, sacerdote e arcivescovo, sia anche Generale di Corpo d’Armata, uno tra i più
alti gradi della gerarchia militare…
R. - Tutti conosciamo
il mondo militare. Con le sue regole, norme. Per cui, far parte e non essere estraneo
a questa famiglia vuol dire prendere anche tutto quello che specifico di questa famiglia.
Direi che la "militarità" non è un ostacolo alla sacerdotalità, ma per me diventa
come una grande occasione pastorale. Il mondo militare ha le sue tradizioni e gradisce
che il cappellano vi appartenga come uno di famiglia per percorrere meglio, insieme,
la strada che porta a Cristo.
D. - Proviamo a dare
una prima risposta a chi dice che i sacerdoti nelle Forze armate non ci devono stare.
Che cosa significa quindi fare assistenza spirituale all’interno delle Forze Armate,
perché è importante la figura del cappellano militare?
R.
- Dobbiamo forse scendere al concreto. Io guardo i circa 200 cappellani che sono in
Italia, provenienti e operanti in tutte le regioni e anche nelle missioni all’estero
delle Forze armate. Penso, ad esempio, al lavoro a sostegno della famiglia svolto
nel mondo militare, di accompagnamento e di mediazione familiare all’interno delle
caserme, ai giovani che sono sposati ma lontani dal nucleo familiare, questo sostegno
del cappellano alla continuità di legame, del rapporto, particolarmente nel tempo
della sofferenza. Quanti militari, uomini e donne, offrono la vita per il bene e per
la sicurezza e alla fine il cappellano diventa il punto di riferimento di collegamento
tra le famiglie e la caserma, con la sua vicinanza nella preghiera, con la sua operosità
interiore di presenza. Tutto questo rappresenta una mediazione familiare, e ci dice
come è ricco di umanità il cappellano e come, a nome della Chiesa e come Chiesa, porta
l’esperienza dell’umanità nel concreto, nel vissuto delle difficoltà odierne.
D.-
La presenza del cappellano nelle missioni delle Forze Armate all’estero come rispetta
il diritto alla libertà religiosa dei militari ?
R.-
La libertà religiosa non è un diritto negativo, ma positivo. Per cui, lo Stato deve
garantire l’esercizio di questo diritto ad ogni cittadino, anche a quanti, cittadini
militari, sono impegnati all’estero in Paesi, tra l’altro, che non sono di tradizione
cristiana. E questo è un aspetto giuridico. Ma direi anche dell’animo del cappellano,
del suo desiderio di far scoprire come Gesù Cristo sia accanto all’uomo, sia il senso
della vita dell’uomo, e allora portando Gesù Cristo, un cappellano ha senso perché
è annuncio di Gesù, speranza del mondo.