2007-07-05 13:23:53

Un documento ricco di novità che esorta al dialogo e alla riconciliazione: la riflessione dello storico Giovagnoli sulla Lettera del Papa ai cattolici cinesi


La Lettera di Benedetto XVI ai cattolici cinesi rappresenta storicamente una grande novità: è quanto sottolinea il prof. Agostino Giovagnoli, docente di storia contemporanea all’Università Cattolica di Milano. Esperto di questioni cinesi, il prof. Giovagnoli si sofferma nell’intervista di Alessandro Gisotti sugli aspetti inediti di questo documento pontificio: RealAudioMP3

R. – Anzitutto, è rivolta ai cattolici della Repubblica Popolare Cinese, quindi in apertura viene espressamente richiamata l’espressione “Repubblica Popolare”, cioè lo Stato comunista della Cina. La Lettera è, inoltre, rivolta a tutti i cattolici cinesi, senza distinzioni fra i vari gruppi cosiddetti “ufficiali” oppure “underground”. Già nell’apertura, perciò, c’è questo tono di innovazione. Ma la novità vera è nella sostanza, nel senso che il messaggio fondamentale della Lettera, cioè il messaggio dell’unità dei cattolici da raggiungere attraverso le vie della riconciliazione, dell’intesa, del perdono reciproco, direi che prevale su tutto il resto. Il Papa indica davvero una direzione nuova al cattolicesimo cinese, disinnescando, in qualche modo, quella costante tensione che ha accompagnato la presenza cattolica in Cina negli ultimi 50 anni. Questa è una novità veramente rilevante e alla quale si collega strettamente anche un modo diverso di rapportarsi al Governo cinese, che è molto sereno nelle sue linee di fondo.

 
D. – Dunque, una Lettera caratterizzata da un linguaggio sereno, dialogante. Le parole del Papa sembrano inoltre incoraggiare la comunità cattolica cinese, che ha sofferto e soffre tuttora tensioni e divisioni…

 
R. – Certamente. Direi anzi che la Lettera è anche audace in alcuni passaggi, per esempio laddove invita i cattolici, tutti, a cercare il riconoscimento da parte delle autorità. Autorità, queste, che vengono ulteriormente rassicurate da una frase in cui si dice che mai la Chiesa cattolica cerca il cambiamento delle strutture politiche o amministrative come sua finalità specificità, seppure non si tira indietro nell’affermazione di principi di giustizia. Direi che in qualche modo – se mi è lecita un’espressione impropria per un documento di questo genere – questa Lettera potrebbe essere letta come la “rottura” più totale rispetto ad una logica di guerra fredda, che è stata percepita in passato da parte di Pechino nei confronti del Vaticano. Un particolare molto interessante è che in questa Lettera non ci sono citazioni anteriori al Vaticano II. Sono numerose quelle di Giovanni Paolo II, sono numerose quelle dello stesso Benedetto XVI, ma si è voluto lasciare molto lontano un passato che è definitivamente passato, anche grazie a questa Lettera.

 
D. – Con la Lettera, il Papa istituisce una Giornata di preghiera della e per la Chiesa che è in Cina. Quali frutti possono nascere da questa iniziativa?

 
R. – Naturalmente i frutti più importanti sono quelli dello spirito e quindi non sono certo decifrabili dal punto di vista storico. Significativa è la scelta di una Giornata di preghiera il 24 maggio, Festa della Madonna di Sheshan. La Madonna di Sheshan è una Madonna verso la quale c’è in Cina una grande devozione: è collocata nella diocesi di Shangai, dove c’è anche il Seminario di questa diocesi; è una devozione condivisa dai cattolici “di sopra” e “di sotto”, come vengono chiamati in altre parole i “patriottici” e i “clandestini”. Quindi, anche questa Giornata rafforza ulteriormente quel senso così limpido dell’unità della Chiesa, della sua cattolicità se vogliamo, che Benedetto XVI ha voluto sottolineare sia per quanto riguarda la Chiesa in Cina, sia per quanto concerne i rapporti tra questa Chiesa e la Chiesa universale.







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