2007-07-05 15:03:53

In Iraq, ancora un rapimento di cristiani. Ai nostri microfoni, l’appello per la liberazione del vescovo ausiliare di Baghdad, Shlemon Warduni


Si susseguono, purtroppo, in questi giorni le violenze nei confronti dei cristiani in Medio Oriente. Intanto, ieri sera a Roma, si è svolta una manifestazione perché cessino le persecuzioni nei loro confronti. L’iniziativa, lanciata dal vicedirettore del Corriere della Sera Magdi Allam, ha visto la partecipazione di circa 4 mila persone di diverse religioni e appartenenti a vari schieramenti politici. Sempre in queste ore, cresce, nelle Filippine, la preoccupazione per padre Giancarlo Bossi, rapito il 10 giugno scorso. Per il suo rilascio, il Pontificio Istituto Missioni Estere ha proposto, per il 10 luglio prossimo, una giornata di preghiera. Ed è di oggi la notizia, diffusa dall’agenzia AsiaNews, del rapimento a Baghdad di 4 cristiani, sequestrati mentre fuggivano dopo che alcuni terroristi avevano minacciato di ucciderli se non avessero lasciato la città. Al microfono di Tiziana Campisi ascoltiamo l’appello di mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliare dei Caldei di Baghdad: RealAudioMP3


R. – Questo mio appello è diretto a tutti gli uomini di buona volontà affinché alzino la voce contro questi terroristi, che sono poi nostri fratelli nel Signore. Dobbiamo, quindi, pregare il Signore affinché illumini le loro coscienze, le loro menti, allietando il loro cuore con la gioia. Io alzo la mia voce e dico a questi amici: "Perché comportarsì così? Tutto questo non porta alcun bene, a nessuno". E’ necessario che lascino le armi, che mettano da parte i rancori e le tensioni per amare il fratello, per riportare la pace e l’unità nel Medio Oriente. Negli ultimi mesi si nota un attacco feroce contro i cristiani, in modo particolare. Molti cristiani vengono minacciati, costretti a lasciare le loro case, senza poter portare via niente, oppure vengono uccisi. Due giorni fa sono stati uccisi quattro componenti di una famiglia cristiana assira; ieri è stato ucciso un altro caldeo. Tanti sono costretti a pagare la jizya, la somma che i musulmani impongono di far pagare alle minoranze, oppure i padri di famiglia vengono obbligati a dare le proprie figlie come mogli ai "principi". E’ sufficiente, a questi terroristi, avere poche armi per diventare "principi". E ci sono anche altri iracheni, appartenenti ad altre religioni, che vengono ugualmente uccisi e che, drammaticamente, vengono cacciati dalle loro case.

 
D. – In Iraq, come in altri Paesi, in questo momento, i cristiani stanno vivendo una situazione molto difficile. Cosa fare?

 
R. – Anzitutto noi stiamo pregando affinché il Signore illumini il cuore di tutti coloro che stanno cercando di “strappare” i fedeli alle loro religioni. Vogliamo sensibilizzare tutti i cristiani, in tutto il mondo, affinché sappiano che i loro fratelli stanno offrendo le loro sofferenze per tutti loro, che i cristiani del Medio Oriente chiedono le loro preghiere. E' necessario anche sensibilizzare ed attirare l’attenzione degli Stati perché si rendano conto che la guerra è una peste per tutto il mondo. Vogliamo altresì dire ai capi religiosi musulmani di cercare di mettere pace fra cristiani e musulmani, perché siamo fratelli, abbiamo un unico Dio e tutti quanti preghiamo Lui. Vogliamo la pace.

 
D. – Cosa può fare la comunità internazionale?

 
R. – La comunità internazionale potrebbe fare qualcosa soltanto se ci fosse una reale unità, se non ci fossero altri interessi.







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