Una lampada come segno di solidarietà verso le Chiese e gli abitanti dei Paesi del
Medio Oriente. L'ha accesa mons. Leonardo Sandri
Una lampada perché non siano dimenticati i Paesi orientali, coinvolti da tempo in
una spirale di violenza che mortifica la convivenza personale e sociale. Ad accenderla
questa mattina, davanti all’Icona della Santa Madre di Dio, l'arcivescovo Leonardo
Sandri, da poco nominato prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali. Il
presule ha voluto coinvolgere in questo gesto simbolico, nella sede della Congregazione,
ambasciatori e diplomatici del Medio Oriente, dell’Europa e di altre nazioni. Tiziana
Campisi ha chiesto allo stesso mons. Leonardo Sandri quale sia il significato
di questa lampada che resterà accesa fino a quando nei Paesi orientali non cesseranno
conflitti e incomprensioni:
R. -
Che sia il segno della nostra vigilanza, della nostra attenzione ma soprattutto della
nostra preghiera perché è quello che possiamo fare: pregare, dire con la nostra preghiera,
gridare la nostra impotenza, la nostra impossibilità di fare qualche cosa e chiedere
che sia Dio stesso ad agire in queste circostanze e a portare la pace. Io credo che
almeno dobbiamo svegliare la sensibilità - intanto della nostra Congregazione e di
quelli che appartengono e lavorano qui per le Chiese Orientali - e poi di tutti quelli
che sono uniti a noi in questa ansia, in questa angoscia per la pace. Per esempio
- pensavo alle vacanze qui in Occidente - che talvolta si ci dimentichiamo o mi dimentico
io stesso forse di queste sofferenze. Vorrei che questa lampada rappresenti invece
il segno della nostra piena attenzione verso i nostri fratelli dell’Oriente, che soffrono
ogni giorno le conseguenze della guerra, della divisione, degli odi, degli attentati.
D.
- Quali sono le realtà più difficili oggi, per i cristiani?
R.
- Poter vivere serenamente la vita della Chiesa che implica avere i propri edifici,
i propri templi, partecipare della Santa Messa, partecipare dei Sacramenti, svolgere
tutta la pastorale della Chiesa per i giovani, per gli anziani, per i bambini, la
catechesi. Come si può fare tutto questo in mezzo a queste difficoltà esterne? E’
una sfida che è per la Chiesa, per i patriarchi, per le chiese locali: come devono
affrontare l’evangelizzazione, la vita pastorale.
D.
- Come prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, quali sono le priorità
alle quali guarda in particolare?
R. - Innanzitutto,
una priorità di comunione, di fratellanza con tutti, sia con le Chiese soprattutto
del Medio Oriente ma anche con quelle dell’Europa Orientale. Noi, come Congregazione
delle Chiese Orientali, siamo vicini a loro e facciamo tutto il possibile con i sussidi
che abbiamo dal punto di vista pastorale, dal punto di vista economico, grazie anche
a tutte le persone che ci aiutano a sostenerli, per dare loro tutto il sollievo che
possiamo pur nella nostra, diciamo così, piccolezza. Io cerco anche di fare opera,
o cercherò, di fare opera di animazione perché i nostri fratelli dell’Occidente conoscano
tutti questi tesori, li apprezzino e li abbiano come luce anche per risolvere i propri
problemi.
D. - Rivolgendosi a tutti i cristiani,
quale appello lancerebbe per sensibilizzarli alle necessità delle Chiese Orientali?
R.
- Pensate a Gesù, pensate a Lui che è nato in queste terre. Pensate che questi nostri
fratelli delle Chiese Orientali sono gli eredi di quanti sono stati i più vicini discepoli,
amici di Gesù. Fate un’opera concreta di vicinanza, di aiuto per le Chiese Orientali.