TAJIKISTAN Nuova legge sui culti preoccupa minoranze, tra cui la Chiesa cattolica
DUSHANBE, 3 lug ’07 - In Tajikistan, Paese a netta maggioranza musulmana,
un nuovo disegno di legge sui culti sta suscitando forti preoccupazioni tra le minoranze
religiose. In una lettera al Parlamento e al Presidente Emomali Rakhmon i leader delle
religioni minoritarie locali affermano che il provvedimento viola i diritti umani
fondamentali. La lettera è stata sottoscritta a Dushanbe da una ventina di leader
protestanti, cattolici, bahai. All’iniziativa non ha invece aderito la Chiesa ortodossa,
che costituisce il 3 per cento della popolazione tajika. Tra le disposizioni più controverse
della legge vi è quella che impone che per potere essere legalmente registrata una
comunità religiosa nelle aree rurali deve contare almeno 400 membri, contro i dieci
previsti dalla legislazione attuale. Una norma che di fatto penalizzerebbe molti gruppi
religiosi, a cominciare da quella cattolica che nel Paese conta appena 250 fedeli:
“La nostra Chiesa è troppo piccola e non so come sarà possibile registrarla se passa
questa legge”, ha dichiarato all’agenzia Ucan padre Carlos Avila, capo della Missio
sui juris del Tajikistan. Altri punti controversi sono poi l’articolo 10 che impone
agli educatori religiosi di concordare le loro attività con la Commissione statale
per le attività religiose e l’articolo 11 che vieta a cittadini stranieri di guidare
e stabilire comunità e organizzazioni religiose. Questa misura colpisce in modo particolare
la Chiesa cattolica, che dipende quasi esclusivamente da personale religioso straniero:
tutti i sacerdoti attualmente operanti nel Paese sono infatti missionari argentini
dell’Istituto del Verbo Incarnato. La nuova legge vieta inoltre ogni attività di proselismo,
una norma che - come ha spiegato un giurista all’Ucan - viola la stessa costituzione
tajika che permette ai cittadini di passare liberamente da una religione all’altra. (Ucan
– ZENGARINI)