Nota di padre Federico Lombardi alla Lettera del Papa alla Chiesa cinese
Con la sua lunga Lettera, Benedetto XVI esprime dunque il proprio auspicio per una
Chiesa che sia pienamente cinese e pienamente cattolica. Per un commento a questo
importante documento del Papa, ascoltiamo la nota del direttore della Sala Stampa
vaticana, e nostro direttore generale, padre Federico Lombardi:
La lettera
del Papa ai cattolici cinesi non delude la lunga attesa, anzi sorprende positivamente. Ha
uno stile originale, che evoca le grandi epistole del Nuovo Testamento, scritte dagli
Apostoli nella fede per confortare e orientare le comunità lontane di credenti nella
prova, in uno spirito di comunione nella più ampia comunità della Chiesa universale.
Non
erano mancati i messaggi dei Papi precedenti per la Chiesa e il popolo cinesi, né
gli orientamenti fatti pervenire per diverse vie ai vescovi che li domandavano, ma
qui ci troviamo davanti a un documento ampio, esplicito, pubblico, che dice a tutti
con grande chiarezza e serenità che cosa è e che cosa vuol essere la comunità della
Chiesa cattolica che vive nel più popoloso Paese del mondo, dove deve affrontare ancora
una situazione difficile a seguito delle incomprensioni e limitazioni che ne impediscono
la vita e la crescita in piena libertà. E’ la risposta a domande nate in situazione
di sofferenza e disorientamento, rivolte con fiducia da molti anni a Roma, al Papa
come all’unica persona da cui può venire una risposta con vera autorità.
La
lettera di Benedetto XVI è dunque animata da due grandi amori: per la Cina e per la
Chiesa cattolica nella sua vera natura, quale essa appare dalla tradizione e dalla
dottrina più genuina.
Il discorso – secondo lo stile caratteristico del Papa
– è insieme denso di affetto e di gratitudine per la fedele testimonianza di tanti
cattolici cinesi, ed è allo stesso tempo denso di teologia della Chiesa, con ampie
citazioni che vanno dal Nuovo Testamento al Concilio Vaticano II. E’ un discorso essenzialmente
religioso e pastorale, diretto appunto ai membri della Chiesa cattolica in Cina, e
non vuole addentrarsi in problemi politici o diplomatici.
Il Papa non cerca
scontri con nessuno. Non pronuncia accuse nei confronti di nessuno, né dentro, né
fuori la Chiesa; conserva sempre un tono sereno e pieno di rispetto, anche quando
deve riferirsi alle limitazioni della libertà, agli atteggiamenti non accettabili,
alle tensioni interne alla Chiesa. Una Chiesa che viene sempre considerata un’unica
Chiesa, profondamente desiderosa di unione con il Papa e al suo interno, anche se
apparentemente divisa. L’esortazione all’unione, alla riconciliazione, al perdono
reciproco è uno dei messaggi più intensi, che pervadono tutto il documento.
La
chiara esposizione della natura caratteristica della comunità ecclesiale e del ruolo
dei vescovi conduce necessariamente a toccare i punti critici della nomina dei Vescovi
e dell’azione di organismi statali che mirano ad attuare nella vita della Chiesa in
Cina principi inconciliabili con la visione cattolica, come quelli della “indipendenza,
autonomia e autogestione”. Se da parte delle autorità cinesi si teme tradizionalmente
una interferenza esterna nella vita interna del Paese, da parte della Chiesa si sente
invece il rischio di una interferenza indebita dello Stato nella sua vita interna.
Perciò il Papa mette ogni impegno per spiegare la corretta distinzione fra il piano
politico e quello religioso, fra le responsabilità delle autorità civili e quelle
della Chiesa, e dichiara fiduciosamente la disponibilità della Chiesa al dialogo per
superare le incomprensioni e i punti controversi, anche nel procedimento di nomina
dei vescovi. Il cammino verso la normalizzazione dei rapporti fra Santa Sede e Cina
non è quindi l’argomento della lettera, ma sullo sfondo viene chiaramente auspicato
un suo sviluppo positivo tramite il dialogo su problemi concreti.
Del resto,
la lettera manifesta più volte che la Chiesa in Cina non solo è cresciuta numericamente
nei decenni trascorsi, ma anche che ora sente di poter camminare in modo più normale,
con spazi di movimento più ampi che in passato. Significativa in questo senso – anche
se forse non immediatamente evidente ai non specialisti di diritto canonico – è la
revoca delle facoltà eccezionali concesse in passato per le situazioni particolarmente
difficili della Chiesa in Cina. Quanto a dire: oggi la Chiesa in Cina può e deve seguire
le norme comuni in tutta la Chiesa universale.
Dai passi iniziali, che si riferiscono
con attenzione, simpatia e partecipazione al grande e difficile impegno di sviluppo
della Cina di oggi, fino ai paragrafi conclusivi rivolti alle diverse componenti della
comunità cattolica, tutta la lettera guarda in una prospettiva molto positiva e ricca
di speranza verso la crescita di una Chiesa che sia pienamente cinese e pienamente
cattolica. Una Chiesa inserita vitalmente e costruttivamente nella vicenda del suo
popolo e della sua cultura, solidale e capace di portare ad esso la ricchezza spirituale
del Vangelo e della testimonianza operosa della fede. La Chiesa vuole e può essere
veramente cinese, vuole essere per la Cina, per offrirle il Vangelo di Gesù e senza
cercare nulla per sé stessa. Sarà e potrà essere veramente cinese, quanto più e quanto
meglio potrà essere pienamente se stessa. Questo è in ultima analisi, il grande, fiducioso
e meraviglioso, messaggio del Papa.