2007-06-29 15:16:48

Don Mario Picchi, fondatore del CEIS, ha festeggiato i 50 anni di sacerdozio


Sono stati commemorati ieri i 50 anni di sacerdozio di don Mario Picchi, fondatore del CEIS, il Centro Italiano di Solidarietà, che si occupa del recupero di tossicodipendenti. In serata si è tenuta una Santa Messa nella sede del Centro a Roma per celebrare questa importante ricorrenza. Ma come è cominciato l'impegno di questo sacerdote nel mondo del volontariato? Risponde lo stesso don Mario Picchi, al microfono di Eliana Astorri:RealAudioMP3


R. - Direi che è cominciato prima che diventassi sacerdote, perché è stata tutta una scelta volontaria quella di diventare prete e poi è stata, ogni giorno, un’alba nuova a mettermi nelle mani di Dio e lasciare lavorare lui, essere più duttile possibile, magari deludendo anche un po’ il Padre Eterno. Per dieci anni sono stato vice parroco a Pontecurone, nel Paese di don Orione, un piccolo paese agricolo, nella padana inferiore e diciamo pseudo industriale. Dopo 10 anni io avevo programmato di andare forse a fare un’esperienza in Inghilterra, eravamo nel ’67, ’68, e ero curioso di vedere da vicino che cosa volevano i giovani, mi sentivo anche molto giovane - sono del ’30 - e invece sono venuto a Roma e il Padre Eterno ha voluto diversamente. Veramente non ero partito con l’intenzione di occuparmi della droga, ma volevo vivere in mezzo ai giovani. Ero cappellano degli operai, però gli operai avevano dei figliuoli e quindi con i figliuoli avevamo creato dei gruppi di animazione all’interno delle parrocchie contro la guerra, contro la fame nel mondo e insomma facendo qualcosa di concreto contro il disagio, l’emarginazione. E stavamo facendo anche delle piccolissime cose, però insieme a questi gruppetti di giovani che creavamo, poi, sono cominciati ad arrivare i capelloni, i figli dei fiori, tutta quella bellissima e meravigliosa giovinezza che esplodeva intorno agli anni ’67-’70, e ci siamo incontrati con il problema della droga senza sapere cosa fare e quindi ci rivolgevamo a medici, cliniche, a qualcuno che ci desse una mano. Abbiamo cominciato a girare, andare a vedere all’estero cosa si faceva, e abbiamo creato questa associazione “Centro Italiano di Solidarietà” e poi abbiamo cominciato a scopiazzare, ma la mia idea era quella di mantenere vivo il rapporto umano: l’abbiamo chiamata “Progetto uomo”.

 
D. – Oggi siete un importante punto di riferimento...

 
R. – Oggi lo siamo forse perché abbiamo maturato dentro di noi questa crescita, abbiamo preso un po’ da tutti, però abbiamo messo soprattutto la grande volontà di incontrare l’uomo, di non lasciare spegnere la speranza che in ogni persona è possibile la risurrezione. Diceva don Tonino Bello che il cuore dell’uomo è sempre coperto di questo masso che ne impedisce la respirazione e solo con la risurrezione c’è l’esplosione di questo masso che libera i cuori verso l’infinito.







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