Primi Vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura: il Papa lancia l'Anno Paolino
Oggi Benedetto XVI indirà ufficialmente l’Anno Paolino per commemorare i 2000 anni
della nascita dell’Apostolo delle Genti, che si fa risalire tra l’anno 6 e l’anno
10 dopo Cristo. L’annuncio avverrà durante la celebrazione dei Primi Vespri presieduti
nel pomeriggio dal Papa nella Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura. La Radio
Vaticana trasmetterà la cronaca dell'evento a partire dalle 17.20 con commento in
italiano sull'onda media di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. L’Anno
Paolino partirà il 29 giugno del prossimo anno per concludersi il 29 giugno del 2009.
Sul significato di questo evento ascoltiamo il padre gesuita Francesco Rossi de
Gasperis del Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme, intervistato da Fabio
Colagrande:
R.
- Studiare Paolo non tanto in se stesso, come un caso eccezionale della vita apostolica
della Chiesa, ma piuttosto integrato nella catechesi globale del Nuovo Testamento
a cui appunto dobbiamo tornare, mi sembra che sia provvidenziale. Segnalandone veramente
quello che è proprio originale, ma nello stesso tempo senza farne un caso a parte,
un paolismo, un paolinismo, un cristianesimo diverso da quello degli altri apostoli.
D.
- Ecco, diciamo, la dimensione universale del suo apostolato è uno degli elementi
che viene più spesso sottolineato…
R. – Certamente.
Quello che mi pare interessante in Paolo è mostrare come questo ecumenismo in lui
è stata la scoperta all’interno del proprio ebraismo. A Paolo, nell’incontro tutto
speciale con Gesù risorto, si è aperta nella coscienza la consapevolezza che Gesù
risorto rappresenta un’apertura globale del suo giudaismo, del suo ebraismo: non è
uscito dalla visione farisaica, ebraica, che era la sua, ma questa visione è stata
completamente rinnovata e aperta proprio dall’incontro con il Gesù risorto, prima
che con il Gesù storico, perchè Paolo non ha mai incontrato il Gesù storico prima
della Risurrezione, lo ha incontrato già glorificato e questa glorificazione ha saputo
vederla all’interno della sua fede ebraica, proprio perché essa è contenuta nell’Antico
Testamento come la vocazione di Israele, in fondo, quella di aprirsi per essere la
nazione della benedizione del Signore per tutte le genti.
D.
- Ecco, qual è dunque, padre Rossi De Gasperis, il ruolo reale dell’Apostolo delle
Genti nella fondazione del cristianesimo?
R. - E’
quello di aver capito che l’universalità del messaggio evangelico fa parte proprio
della radice ebraica, fa parte del disegno di Dio fin dal principio, della fede di
Abramo, che è diretta per essere la benedizione di tutte le nazioni della terra. Questo,
certamente, Paolo lo ha avuto come carisma particolare, direi che poi è ciò che lo
ha fatto chiamare, e lui stesso si è chiamato, “l’Apostolo delle Genti”. Non nel senso
che crea un cristianesimo nuovo a parte, ma nel senso che lo porta fino in fondo a
quella che era la vocazione già vista dai grandi profeti come un seme che deve nascere,
che deve mettere radici per essere l’albero della salvezza, l’ulivo della salvezza
per tutte le genti.