Nessun progresso al vertice europeo di Bruxelles, dopo il colloquio tra il cancelliere
tedesco, Merkel, e il presidente polacco, Kaczynski, che minaccia di porre il veto
al nuovo Trattato UE
“Le delegazioni stanno lavorando intensamente, ma non ci sono ancora soluzioni”:
è quanto ha dichiarato il cancelliere tedesco e presidente di turno UE, Angela Merkel,
nel secondo giorno di lavori del vertice del Consiglio Europeo di Bruxelles, nel quale
si deve decidere l’avvio di una Conferenza intergovernativa per redigere un nuovo
Trattato costituzionale, sostitutivo della Costituzione comunitaria, bocciata nel
2005 da Francia e Olanda. La presidenza tedesca presenterà nel pomeriggio, e solo
quando avrà ragionevoli possibilità di successo, una nuova proposta di compromesso.
Il servizio di Roberta Moretti:
Angela
Merkel ha garantito il massimo impegno nei colloqui bilaterali con le delegazioni
britannica, polacca, olandese e della Repubblica Ceca, i quattro Paesi che minacciano
di opporsi alla nuova Carta UE. La questione più spinosa resta quella del sistema
di voto a doppia maggioranza, basato cioè sul 55% degli Stati e il 65% della popolazione,
cui si oppone la Polonia. Varsavia chiede invece un sistema di voto basato sulla radice
quadrata della popolazione, che le darebbe più potere. Inoltre, l’organizzazione di
minoranze di blocco è ritenuta fondamentale dalla Polonia per poter rifiutare proposte
UE non gradite. Per sbloccare l'impasse, il presidente francese, Sarkozy, ha
presentato nella notte una “proposta di compromesso”, che fa riferimento alla cosiddetta
"clausola Ioannina", dal nome della città greca dove è stata definita nel 1994 per
la prima volta. La clausola consente a un piccolo gruppo di Paesi che arrivano a toccare
la soglia di minoranza di blocco di chiedere il riesame della decisione presa a maggioranza
qualificata. Da parte sua, comunque, il presidente polacco, Lech Kaczynski, ha giudicato
la proposta “insufficiente”. Secondo fonti diplomatiche, Kaczynski sarebbe favorevole
al Trattato se l’applicazione del sistema di voto della doppia maggioranza fosse ritardata
al 2020, anche se la Carta UE entrerebbe in vigore nel 2009. Sarebbe invece più a
portata di mano il compromesso con la Gran Bretagna, che chiede la modifica del nome
di “ministro degli Esteri UE” e la garanzia che la rappresentanza dell'Unione Europea
al Consiglio ONU non pregiudichi il seggio permanente di Londra. Infine, la Francia
si è detta soddisfatta dalla bozza tedesca che, su sua richiesta, ha rimosso dal testo
il riferimento alla “concorrenza libera e senza distorsioni”. Una modifica che sta
trovando forti resistenze da parte di molti Stati membri.
Ma
cosa prevede la bozza di Trattato costituzionale presentata dalla presidenza tedesca?
Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a Federiga Bindi, esperta di questioni
europee e titolare della cattedra Jean Monnet all’Università di Tor Vergata:
R.
- La bozza della Germania sta tentando di salvare tutto il salvabile dell’ex Trattato
costituzionale e, soprattutto, ciò che riguarda i meccanismi istituzionali. Quindi,
si sta cercando di salvaguardare il voto del Consiglio e il ministro degli Esteri,
che sono le due cose più evidenti ed eclatanti, anche se in realtà c’è una lista di
ben 15 punti in discussione.
D. - A questa proposta
si oppongono soprattutto Polonia e Regno Unito. Perché e quali sono gli scogli da
superare?
R. - Il Regno Unito si oppone perchè ha
una storica tendenza anti-integrazionista. Quindi, tutto quello che riguarda una maggiore
integrazione europea, viene solitamente contrastato dal Regno Unito. Per quanto riguarda
la Polonia, invece, si tratta di una posizione assolutamente anacronistica, anche
molto preoccupante: la Polonia ha addirittura chiesto la riparazione dei danni di
guerra alla Germania e si è spinta ad affermare che se non ci fossero stati i nazisti,
la popolazione polacca sarebbe stata più numerosa di quella tedesca. Quindi, in base
a questo ragionamento, i polacchi avrebbero diritto a più voti in Consiglio. Ma questo
è assurdo. A mio avviso, la Polonia, in questo momento, è veramente al limite.
D.
- Quindi, il rischio di fallimento del Summit o di un accordo al ribasso sono ipotesi
probabili...
R. - Non credo ci sarà un fallimento
perché comunque è stata espressa la volontà, da parte di tutti, di trovare un accordo.
Certo, si tratterà non di un fallimento ma di un accordo al ribasso: secondo me, ci
saranno sostanziali offerte alla Polonia. Si sta veramente mettendo a repentaglio
una costruzione che ha portato pace e prosperità al continente e non credo che questo
sia accettabile.
D. - Rafforzare il ruolo internazionale
e la capacità decisionale sono ancora delle priorità per l’Unione Europea?
R.
- L’importante è che ci sia più coerenza nell’azione del Consiglio e della Commissione
nei rapporti esterni. E’ importante modificare i meccanismi decisionali, perché gli
studi mostrano che nel primo periodo del 2004, con l’eccezione di Polonia e Lituania,
i nuovi Stati membri sono stati silenti nel Consiglio, tanto che alcuni hanno detto
perfino “con l’allargamento si diventa più efficienti”. Se noi, invece, guardiamo
il comportamento del voto, e cioè il numero di volte che gli Stati si oppongono ad
un provvedimento, vediamo che negli ultimi sei mesi il trend sta cambiando.
I nuovi Paesi arrivati si stanno opponendo sempre di più alle decisioni prese, andando
a livello degli altri Stati membri. Ora, se questo trend continua e tutti gli
Stati cominciano ad opporre provvedimenti, a 27 noi non andiamo da nessuna parte.