2007-06-22 14:13:17

L'emigrazione forzata degli europei dell'est verso Occidente e la preoccupazione della Chiesa: mons. Giordano commenta la riunione dei vescovi europei a Minsk


I fenomeni migratori in Europa, ma anche lo stato dell'ecumenismo nel continente e la situazione della Chiesa bielorussa: su questi argomenti si sono confrontati i segretari delle 34 Conferenze episcopali europee, riunitisi nei giorni scorsi a Minsk, in Bielorussia, su iniziativa del CCEE, il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Il segretario generale di questo organismo, mons. Aldo Giordano, mette in evidenza gli esiti della riunione al microfono di Luca Collodi:RealAudioMP3


R. - E’ stata un’esperienza molto significativa, abbiamo ricevuto un benvenuto da un Paese, che si ritiene al centro dell’Europa, che si ritiene "cuore" dell’Europa. E dunque, la prima cosa che abbiamo compreso è che come Chiesa è veramente giusto considerare l’Europa nella sua interezza, quella che va dell’Atlantico agli Urali. Abbiamo potuto conoscere la vita della Chiesa cattolica bielorussa, che ha sofferto e nella quale si avvertono i segni della sofferenza. Durante l’ultima guerra, e durante il regime nazista, centinaia di sacerdoti e vescovi sono stati uccisi, le chiese distrutte. Eppure, in questa epoca è sopravvissuta la fede, grazie alla testimonianza e alla preghiera dei laici. Adesso, si sente che c’è questa fede autentica, questa fede provata, che ha il senso del sacro e ciò davvero lo si respira. D’altra parte, è una Chiesa che dopo la caduta del Muro di Berlino ha cominciato a riorganizzarsi. Naturalmente, si cominciano a sentire i primi segni della modernità e della secolarizzazione, perché nella grande città questa mentalità, che è tipica dell’Occidente, comincia ad essere presente. Si coglie allora che la nuova sfida per queste Chiese sarà anche il confronto con questa mentalità, diciamo, più secolarizzata.

 
D. - Mons. Giordano, una delle preoccupazioni della Chiesa cattolica in Bielorussia è quella della migrazione e soprattutto di un aspetto, cioè della migrazione forzata. Perché?

 
R. - Soprattutto i Paesi dell’est europeo soffrono per questa migrazione forzata: per la disoccupazione, per la povertà, alle volte per le difficoltà politiche e per il miraggio di poter offrire un futuro migliore alla propria famiglia. In Paesi dell’est come Bielorussia e Romania, dopo il 1989, si può dire che il 10, il 15 o il 20 per cento della popolazione è già emigrata, soprattutto i giovani. Ciò costituisce anche un problema locale, perché crea un invecchiamento della popolazione. Spesso, sono le forze migliori, le più preparate, che cercano un futuro migliore all’estero.

 
D. - Quindi, il rischio per i Paesi dell’est, per la Bielorussia, è quello di vedere venir meno le forze migliori...

 
R. - Come Chiese, noi siamo preoccupati di instaurare dei rapporti fra i nostri Paesi, in maniera che queste forze possano restare sul posto e possano contribuire ad un futuro migliore del Paese.

 
D. - L’aspetto dell’ecumenismo, un altro dei temi che voi come Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa avete affrontato a Minsk, come lo valutate?

 
R. - In Bielorussia, a Minsk, abbiamo visitato il metropolita ortodosso Filaret e abbiamo visto che in Bielorussia c’è un rispetto reciproco fra le Chiese, dunque una situazione interessante da osservare. Riguardo a tutta l’Europa, si registrano alcune situazioni di stallo dell’ecumenismo, soprattutto in qualche Paese occidentale. Invece, in altri Paesi che forse non hanno una grande tradizione ecumenica, assistiamo a dei fatti nuovi. Con tutto il mondo dell’est, con certi Paesi ortodossi, si è iniziata una collaborazione molto interessante su alcuni temi di comune interesse: i valori, il processo di unificazione europea, la famiglia, la vita. Su questi temi noi possiamo collaborare e abbiamo iniziato nuove forme di collaborazione fino a qualche anno fa impensabili.







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