L'emigrazione forzata degli europei dell'est verso Occidente e la preoccupazione della
Chiesa: mons. Giordano commenta la riunione dei vescovi europei a Minsk
I fenomeni migratori in Europa, ma anche lo stato dell'ecumenismo nel continente e
la situazione della Chiesa bielorussa: su questi argomenti si sono confrontati i segretari
delle 34 Conferenze episcopali europee, riunitisi nei giorni scorsi a Minsk, in Bielorussia,
su iniziativa del CCEE, il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Il segretario
generale di questo organismo, mons. Aldo Giordano, mette in evidenza gli esiti
della riunione al microfono di Luca Collodi:
R. -
E’ stata un’esperienza molto significativa, abbiamo ricevuto un benvenuto da un Paese,
che si ritiene al centro dell’Europa, che si ritiene "cuore" dell’Europa. E dunque,
la prima cosa che abbiamo compreso è che come Chiesa è veramente giusto considerare
l’Europa nella sua interezza, quella che va dell’Atlantico agli Urali. Abbiamo potuto
conoscere la vita della Chiesa cattolica bielorussa, che ha sofferto e nella quale
si avvertono i segni della sofferenza. Durante l’ultima guerra, e durante il regime
nazista, centinaia di sacerdoti e vescovi sono stati uccisi, le chiese distrutte.
Eppure, in questa epoca è sopravvissuta la fede, grazie alla testimonianza e alla
preghiera dei laici. Adesso, si sente che c’è questa fede autentica, questa fede provata,
che ha il senso del sacro e ciò davvero lo si respira. D’altra parte, è una Chiesa
che dopo la caduta del Muro di Berlino ha cominciato a riorganizzarsi. Naturalmente,
si cominciano a sentire i primi segni della modernità e della secolarizzazione, perché
nella grande città questa mentalità, che è tipica dell’Occidente, comincia ad essere
presente. Si coglie allora che la nuova sfida per queste Chiese sarà anche il confronto
con questa mentalità, diciamo, più secolarizzata.
D.
- Mons. Giordano, una delle preoccupazioni della Chiesa cattolica in Bielorussia è
quella della migrazione e soprattutto di un aspetto, cioè della migrazione forzata.
Perché?
R. - Soprattutto i Paesi dell’est europeo
soffrono per questa migrazione forzata: per la disoccupazione, per la povertà, alle
volte per le difficoltà politiche e per il miraggio di poter offrire un futuro migliore
alla propria famiglia. In Paesi dell’est come Bielorussia e Romania, dopo il 1989,
si può dire che il 10, il 15 o il 20 per cento della popolazione è già emigrata, soprattutto
i giovani. Ciò costituisce anche un problema locale, perché crea un invecchiamento
della popolazione. Spesso, sono le forze migliori, le più preparate, che cercano un
futuro migliore all’estero.
D. - Quindi, il rischio
per i Paesi dell’est, per la Bielorussia, è quello di vedere venir meno le forze migliori...
R.
- Come Chiese, noi siamo preoccupati di instaurare dei rapporti fra i nostri Paesi,
in maniera che queste forze possano restare sul posto e possano contribuire ad un
futuro migliore del Paese.
D. - L’aspetto dell’ecumenismo,
un altro dei temi che voi come Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa avete
affrontato a Minsk, come lo valutate?
R. - In Bielorussia,
a Minsk, abbiamo visitato il metropolita ortodosso Filaret e abbiamo visto che in
Bielorussia c’è un rispetto reciproco fra le Chiese, dunque una situazione interessante
da osservare. Riguardo a tutta l’Europa, si registrano alcune situazioni di stallo
dell’ecumenismo, soprattutto in qualche Paese occidentale. Invece, in altri Paesi
che forse non hanno una grande tradizione ecumenica, assistiamo a dei fatti nuovi.
Con tutto il mondo dell’est, con certi Paesi ortodossi, si è iniziata una collaborazione
molto interessante su alcuni temi di comune interesse: i valori, il processo di unificazione
europea, la famiglia, la vita. Su questi temi noi possiamo collaborare e abbiamo iniziato
nuove forme di collaborazione fino a qualche anno fa impensabili.