Il contributo della Polonia all'identità cristiana dell'Europa: intervista con il
cardinale Bertone appena rientrato da un viaggio nella terra di Papa Wojtyla
Il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone è appena tornato dalla Polonia
dove ha partecipato in questi giorni al VII Convegno di Gniezno sul tema “L’uomo,
via dell’Europa. Come rendere il nostro mondo più umano”. Il convegno, che si è svolto
dal 15 al 17 giugno, ha visto la partecipazione dei leader di oltre 250 organizzazioni
cristiane di tutta l’Europa. Il porporato ha poi visitato altre due città polacche:
Danzica e Swidnica. Giovanni Peduto, gli ha chiesto, al suo rientro a Roma,
di parlarci di questo viaggio. Iniziamo dal Convegno di Gniezno:
R. –
Sono stato invitato a tenere – in certo modo – la prolusione in questo Convegno che,
come è stato giustamente detto, comprendeva rappresentanti di molte organizzazioni
cristiane e non solo cattoliche, e quindi anche con la presenza di esponenti delle
diverse confessioni religiose. Era presente anche qualche musulmano. Io ho parlato
dell’Uomo, via dell’Europa ed ho presentato una visione antropologica tipicamente
cristiana, ricordando la grande affermazione di Papa Giovanni Paolo II, che l’uomo
è la via della Chiesa, l’uomo, ogni uomo; in quanto il Figlio di Dio incarnato si
è unito ad ogni uomo. Ho parlato non solo della visione, del progetto uomo secondo
Dio, perché l’uomo e la donna sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Nel pomeriggio del primo giorno c’è stata una bella tavola rotonda degli esponenti
delle varie confessioni cristiane proprio sull’uomo-immagine di Dio. Non dobbiamo
deturpare, non dobbiamo dimenticare questa peculiare identità della persona umana.
Ho parlato anche delle sfide che vengono contrapposte all’antropologia umana e cristiana
dal mondo moderno e soprattutto dalla scienza. Purtroppo i problemi cruciali vengono
all’inizio della vita dell’uomo e alla conclusione della vita dell’uomo e vengono
soprattutto attraverso la biogenetica, attraverso le manipolazioni genetiche, che
distruggono e che manipolano l’uomo, rendendolo non un soggetto personale e degno
del massimo rispetto e della massima stima, ma un oggetto da sperimentazione. Nella
mia relazione mi sono soffermato proprio su queste problematiche ed ho dato anche
delle indicazioni, perché la scienza moderna riprenda un contatto profondo e costante
con l’etica e con il progetto di Dio: scienza e fede, scienza ed etica.
D.
– Dopo la tappa di Gniezno, il suo viaggio è proseguito in Polonia...
R.
– Sì, ho toccato altre due città molto significative: l’una Danzica, la città dalla
quale è purtroppo incominciata l’invasione della Polonia ed è cominciata – si può
dire – la II Guerra Mondiale nel 1939; e l’altra, la piccola città di Swidnica, che
è l’ultima delle diocesi create per volontà di Giovanni Paolo II in Polonia. A Danzica
ho celebrato la Messa nella Gdansk-Zaspa, che è la grande piazza dove Giovanni Paolo
II celebrò la Messa, 20 anni fa, nel 1987 davanti ai lavoratori di Danzica. Era presente
anche Walesa, fondatore di Solidarnosc- ricordiamo che a Danzica c’è stata infatti
la grande manifestazione, l’avventura di Solidarnosc davanti ai cantieri navali. Tutti
noi – i più anziani – siamo stati testimoni di questa avventura coraggiosa degli operai
di Danzica. Sono stato a pregare proprio davanti alle tre Croci che ricordano il sacrificio
di una quarantina di operai. La svolta di Solidarnosc ha segnato la ricostruzione
direi morale del popolo polacco, chiamato a libertà, chiamato ad essere un vero popolo
e non più schiavo o dei russi o dei tedeschi, ma con una sua propria identità ed una
sua propria autonomia. Ho celebrato la Messa davanti ai rappresentanti del mondo del
lavoro ed ho tenuto un’omelia centrata proprio sul tema del lavoro, richiamando gli
insegnamenti di Giovanni Paolo II. Al Convegno a Gniezno era presente il presidente
della Repubblica polacca, mentre a Danzica era naturalmente presente Walesa, insieme
ai grandi capi di Solidarnosc. Sono stato poi a Swidnica, che è una piccola diocesi,
piccola poi relativamente perché ha circa 600 mila abitanti, dove ho incontrato soprattutto
i giovani, il mondo giovanile della regione, con grande entusiasmo, ricordando l’amore
e la missione che Giovanni Paolo II ha assegnato ai giovani, soprattutto attraverso
le Giornate mondiali della Gioventù. Ho poi celebrato nella cattedrale per tutta la
popolazione una Messa veramente partecipata e straordinaria.
D.
– Eminenza, quale Polonia si è trovato davanti? la Polonia cattolica che si stringeva
a Giovanni Paolo II o una Polonia che si va secolarizzando come sta avvenendo in tanti
altri Paesi, con particolare riguardo ai giovani a cui lei ha già accennato?
R.
– Devo dire che la Polonia che ho incontrato io nelle varie città è certamente una
Polonia credente, una Polonia caratterizzata da una forte religione popolare: quindi
anche le rappresentanze delle varie regioni erano in costume, con i simboli della
loro identità locale, ma anche della loro fede religiosa e delle loro devozioni. Una
popolazione che all’unisono prega e canta: è ancora impressionante vedere la partecipazione
dei giovani e degli adulti. Devo dire che ho trovato una Polonia che non soffre l’inverno
demografico dell’Europa, di cui ha parlato Papa Benedetto XVI: era pieno di bambini
e proprio nell’ultima tappa, che ho avuto in una piccola località, ho trovato tanti
bambini ed anche una banda composta da ragazzi, che allietava i nostri incontri. Sempre
durante l’ultima tappa ho incontrato i malati, c’erano 1.500 malati e circa 4.000
persone, con una schiera di buoni samaritani che si prendono cura dei malati, dei
portatori di handicap. Moltissime quindi iniziative profondamente ispirate al precetto
evangelico della carità, che realizzano l’invito di Cristo “andate e curate gli infermi”.
Anche questo rappresenta un segno di una Polonia viva, di una Polonia piena e ricca
di fede e ricca anche di iniziative caritative. I giovani - ho incontrato anche loro
- erano presenti nei vari incontri che ho citato, ma anche a Gniezno. Giovani anche
professionalmente preparati. Nella diocesi di Swidnica, ho visto dei giovani ricchi
di entusiasmo, ho rivisto un po’ l’entusiasmo delle Giornate della Gioventù. Era il
primo incontro che la nuova diocesi faceva con i giovani e naturalmente io ho parlato
in polacco soltanto per brevi tratti: ho cercato di prepararmi ed ho cercato di imitare
il nostro Papa Benedetto XVI. Erano pieni di entusiasmo e di buona volontà anche per
la realizzazione di progetti concreti di educazione alla fede e di testimonianza cristiana.
Ho incontrato i seminaristi delle varie diocesi, con i quali ho avuto un bel dialogo.
Devo dire che i seminari sono ancora molto ricchi di vocazioni, a differenza dei nostri
seminari dell’Europa occidentale.
D. – Passiamo
ora ad un altro rapporto: Polonia ed Europa. Eminenza, possiamo parlare di una vocazione
della Polonia in seno alla Comunità Europea?
R. –
Credo di sì. Anzi io credo che questi Paesi, i Paesi dell’antico impero sovietico,
i Paesi a profonda e radicata ed incancellabile tradizione cristiana, hanno una grande
vocazione nell’Europa di oggi, questa nostra Europa che è un po’ alienata proprio
dalle sue origini e non vuole tenere più conto delle sue radici cristiane. Proprio
questi Paesi mi sembra che portino un contributo positivo, una identità cristiana
dell’Europa. Ho saputo che proprio Sarkozy è volato in Europa e vedo che anche la
Francia sta cambiando orientamento e posizione anche su questo tema. Questa è una
cosa bella, perché una sana laicità può essere perfettamente compatibile con il riconoscimento
delle proprie radici, delle proprie origini cristiane e della propria identità cristiana.