2007-06-14 14:38:54

Nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù di domani, la Chiesa prega per la santificazione del clero. Intervista con l'arcivescovo Mauro Piacenza


Si celebra domani, nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù, la Giornata della santificazione del clero. Un appuntamento voluto da Giovanni Paolo II nel 1995. Questa Giornata ha come significato la presa di coscienza da parte di tutto il popolo di Dio della insostituibilità del sacerdozio. Ma perché si fa coincidere questa ricorrenza con la solennità del Sacro Cuore di Gesù? Giovanni Peduto lo ha chiesto al segretario della Congregazione per il Clero, l’arcivescovo Mauro Piacenza:RealAudioMP3


R. - Il cuore, noi sappiamo, che è il simbolo dei sentimenti. Come noi vediamo riprodotto il cuore in un quadro, pensiamo immediatamente all’amore, al palpitare dei sentimenti. Il Cuore di Gesù è il simbolo, il punto di attribuzione proprio della sua carità pastorale verso le anime. Quando guardiamo a quel Cuore pensiamo alla frase “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e stanchi. Io vi ristorerò”. Allora il sacerdote, da una parte, si sente amato ed accolto come amico: “Non vi chiamerò più servi, ma amici”, dice Gesù ai suoi sacerdoti e ai suoi apostoli. Il sacerdote, allora, si sente compreso anche nei momenti della sua solitudine o nel dramma della difficoltà di comunicare i valori ad una società secolarizzata. Dall’altra parte, per il sacerdote è una scuola, e cioè è la scuola per poter essere inondato di quella carità pastorale per essere lui stesso rifugio delle anime. La presenza stessa del sacerdote, il vederlo - e per questo è importante anche che lo si veda esternamente nel suo abito e nel suo conseguente contegno - deve essere un segno: le persone, vedendo passare un sacerdote, dovrebbero sentire questo senso di paternità, di accoglienza, di comprensione, di rifugio e questo per tutti, in tutte le condizioni. Direi allora che è anche una scuola particolare per essere dei buoni confessori, per amministrare la misericordia di Dio.

 
D. - Quale figura di prete si aspetta oggi la comunità cristiana?

 
R. - Direi una figura di prete molto diversa da quella che i mezzi di comunicazione sociale in genere presentano: viene infatti presentato quasi come uno "yuppy". Il sacerdote che ci si attende è soprattutto l’uomo di Dio e questo ho dovuto constatarlo anche quando per tanti anni sono stato insegnante di religione in alcuni licei. Io ho sempre visto che i ragazzi possono anche ridere, scherzare, dare una pacca sulla spalla all’insegnante di religione, al sacerdote, ma quando cercano veramente il prete, cercano l’uomo di Dio. Cercano cioè un uomo alla Santo Curato d’Ars, alla San Giovanni Bosco, ognuno naturalmente con il suo carattere, con le proprie caratteristiche, ma l’uomo sicuramente intriso della presenza di Dio. Quando si diceva del Santo Curato d’Ars, si diceva: “Chi sei andato a vedere?”. La risposta era: “Sono andato a vedere Dio in un uomo”. Io credo che anche i laicisti, anche le persone più lontane nelle pieghe riposte del loro cuore, quando si parla di prete, quando dovessero aprirgli l’animo, cercano un uomo di Dio.

 
D. - Quali sfide si trovano davanti i sacerdoti oggi?

 
R. - Certamente, quelle stesse sfide che indica spesso il Santo Padre e cioè quella della secolarizzazione, quella del relativismo, quella del cosiddetto pensiero debole, che è purtroppo molto forte nella sua debolezza proprio perché è molto diffuso nella cultura di massa, veicolato anche dai mezzi di comunicazione. Penso all’indifferentismo, e quando io dico "irenismo" intendo dire proprio una sorta di "buonismo" generale, per cui tutto va bene. Allora non si vede sufficientemente la necessità assoluta e non relativa di nostro Signore Gesù Cristo come Redentore dell’uomo. Io credo che le insidie della cultura contemporanea siano queste: una tolleranza intollerante, che tollera tutto eccetto che la verità e la proposta della verità. Non si può pretendere che tutti siano in questa dimensioni della verità oggettiva, ma che la cerchino come l’aspirazione più profonda dell’uomo. C’è questo coacervo di linee relativistiche, anche una cultura vagamente new age, vagamente teista. La ricerca di valori, tutto sommato c’è, ma si tratta di valori in senso vago e non il valore che è Gesù Cristo: Via, Verità e Vita. Questo supporto culturale, piuttosto materialistico, è però in contraddizione, perché allo stesso tempo si cerca grande spiritualità ed è quello che l’uomo di Dio, il sacerdote, deve dare. Vediamo, però, materialismo, secolarismo e quasi irrisione dei grandi valori. Invece, c’è bisogno di questo: il sacerdote che non va dietro al mondo, ma deve essere pieno di Dio perché il mondo vada dietro a lui e quindi dietro a Dio. Un sacerdote che deve, quindi, saper affrontare queste sfide con una grande pienezza di amore di Dio e di passione per la missione.

 
D. - Un sacerdote santo fa i fedeli santi: è reale l’interattività tra il livello spirituale del clero e quello dei fedeli?

 
R. - In effetti, c’è una interazione, c’è una interdipendenza. Più il sacerdote è santo e più quanti sono oggetto della sua cura e stanno attorno a lui sul territorio - pensiamo al parroco, al viceparroco, oppure ai Movimenti e alle Associazioni - certamente c’è, a cerchi concentrici, una diffusione di bontà, di santità. In fondo, è come la fonte di calore: se c’è un calorifero in una stanza e il calorifero è incandescente, la stanza diventa tiepida. Io vorrei dire, concludendo, che è bene che i fedeli siano stimolati a pregare per i loro sacerdoti e a pretendere questa testimonianza dai loro sacerdoti. Ma devono avere anch'essi molta comprensione, essendo cioè loro stessi, direi, capaci di favorire la santificazione dei sacerdoti affinché, al loro contatto, il sacerdote si senta provocato nel cercare sempre di più l’imitazione di Cristo. Mi permetto di concludere anche dicendo che c’è sempre una strada maestra: l’affidamento totale alla Santa Vergine. Certamente, Colei che dentro di sé ha accolto la vita, perché adombrata dallo Spirito Santo ha generato Cristo nel tempo ed ha quindi plasmato il Corpo di Gesù sacerdote, sia Lei a plasmare nei sacerdoti i tratti del suo Figlio Gesù.







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