Nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù di domani, la Chiesa prega per la santificazione
del clero. Intervista con l'arcivescovo Mauro Piacenza
Si celebra domani, nella Solennità del Sacro Cuore di Gesù, la Giornata della santificazione
del clero. Un appuntamento voluto da Giovanni Paolo II nel 1995. Questa Giornata ha
come significato la presa di coscienza da parte di tutto il popolo di Dio della insostituibilità
del sacerdozio. Ma perché si fa coincidere questa ricorrenza con la solennità del
Sacro Cuore di Gesù? Giovanni Peduto lo ha chiesto al segretario della Congregazione
per il Clero, l’arcivescovo Mauro Piacenza:
R. -
Il cuore, noi sappiamo, che è il simbolo dei sentimenti. Come noi vediamo riprodotto
il cuore in un quadro, pensiamo immediatamente all’amore, al palpitare dei sentimenti.
Il Cuore di Gesù è il simbolo, il punto di attribuzione proprio della sua carità pastorale
verso le anime. Quando guardiamo a quel Cuore pensiamo alla frase “Venite a me, voi
tutti che siete affaticati e stanchi. Io vi ristorerò”. Allora il sacerdote, da una
parte, si sente amato ed accolto come amico: “Non vi chiamerò più servi, ma amici”,
dice Gesù ai suoi sacerdoti e ai suoi apostoli. Il sacerdote, allora, si sente compreso
anche nei momenti della sua solitudine o nel dramma della difficoltà di comunicare
i valori ad una società secolarizzata. Dall’altra parte, per il sacerdote è una scuola,
e cioè è la scuola per poter essere inondato di quella carità pastorale per essere
lui stesso rifugio delle anime. La presenza stessa del sacerdote, il vederlo - e per
questo è importante anche che lo si veda esternamente nel suo abito e nel suo conseguente
contegno - deve essere un segno: le persone, vedendo passare un sacerdote, dovrebbero
sentire questo senso di paternità, di accoglienza, di comprensione, di rifugio e questo
per tutti, in tutte le condizioni. Direi allora che è anche una scuola particolare
per essere dei buoni confessori, per amministrare la misericordia di Dio.
D.
- Quale figura di prete si aspetta oggi la comunità cristiana?
R.
- Direi una figura di prete molto diversa da quella che i mezzi di comunicazione sociale
in genere presentano: viene infatti presentato quasi come uno "yuppy". Il sacerdote
che ci si attende è soprattutto l’uomo di Dio e questo ho dovuto constatarlo anche
quando per tanti anni sono stato insegnante di religione in alcuni licei. Io ho sempre
visto che i ragazzi possono anche ridere, scherzare, dare una pacca sulla spalla all’insegnante
di religione, al sacerdote, ma quando cercano veramente il prete, cercano l’uomo di
Dio. Cercano cioè un uomo alla Santo Curato d’Ars, alla San Giovanni Bosco, ognuno
naturalmente con il suo carattere, con le proprie caratteristiche, ma l’uomo sicuramente
intriso della presenza di Dio. Quando si diceva del Santo Curato d’Ars, si diceva:
“Chi sei andato a vedere?”. La risposta era: “Sono andato a vedere Dio in un uomo”.
Io credo che anche i laicisti, anche le persone più lontane nelle pieghe riposte del
loro cuore, quando si parla di prete, quando dovessero aprirgli l’animo, cercano un
uomo di Dio.
D. - Quali sfide si trovano davanti
i sacerdoti oggi?
R. - Certamente, quelle stesse
sfide che indica spesso il Santo Padre e cioè quella della secolarizzazione, quella
del relativismo, quella del cosiddetto pensiero debole, che è purtroppo molto forte
nella sua debolezza proprio perché è molto diffuso nella cultura di massa, veicolato
anche dai mezzi di comunicazione. Penso all’indifferentismo, e quando io dico "irenismo"
intendo dire proprio una sorta di "buonismo" generale, per cui tutto va bene. Allora
non si vede sufficientemente la necessità assoluta e non relativa di nostro Signore
Gesù Cristo come Redentore dell’uomo. Io credo che le insidie della cultura contemporanea
siano queste: una tolleranza intollerante, che tollera tutto eccetto che la verità
e la proposta della verità. Non si può pretendere che tutti siano in questa dimensioni
della verità oggettiva, ma che la cerchino come l’aspirazione più profonda dell’uomo.
C’è questo coacervo di linee relativistiche, anche una cultura vagamente new age,
vagamente teista. La ricerca di valori, tutto sommato c’è, ma si tratta di valori
in senso vago e non il valore che è Gesù Cristo: Via, Verità e Vita. Questo supporto
culturale, piuttosto materialistico, è però in contraddizione, perché allo stesso
tempo si cerca grande spiritualità ed è quello che l’uomo di Dio, il sacerdote, deve
dare. Vediamo, però, materialismo, secolarismo e quasi irrisione dei grandi valori.
Invece, c’è bisogno di questo: il sacerdote che non va dietro al mondo, ma deve essere
pieno di Dio perché il mondo vada dietro a lui e quindi dietro a Dio. Un sacerdote
che deve, quindi, saper affrontare queste sfide con una grande pienezza di amore di
Dio e di passione per la missione.
D. - Un sacerdote
santo fa i fedeli santi: è reale l’interattività tra il livello spirituale del clero
e quello dei fedeli?
R. - In effetti, c’è una interazione,
c’è una interdipendenza. Più il sacerdote è santo e più quanti sono oggetto della
sua cura e stanno attorno a lui sul territorio - pensiamo al parroco, al viceparroco,
oppure ai Movimenti e alle Associazioni - certamente c’è, a cerchi concentrici, una
diffusione di bontà, di santità. In fondo, è come la fonte di calore: se c’è un calorifero
in una stanza e il calorifero è incandescente, la stanza diventa tiepida. Io vorrei
dire, concludendo, che è bene che i fedeli siano stimolati a pregare per i loro sacerdoti
e a pretendere questa testimonianza dai loro sacerdoti. Ma devono avere anch'essi
molta comprensione, essendo cioè loro stessi, direi, capaci di favorire la santificazione
dei sacerdoti affinché, al loro contatto, il sacerdote si senta provocato nel cercare
sempre di più l’imitazione di Cristo. Mi permetto di concludere anche dicendo che
c’è sempre una strada maestra: l’affidamento totale alla Santa Vergine. Certamente,
Colei che dentro di sé ha accolto la vita, perché adombrata dallo Spirito Santo ha
generato Cristo nel tempo ed ha quindi plasmato il Corpo di Gesù sacerdote, sia Lei
a plasmare nei sacerdoti i tratti del suo Figlio Gesù.