2007-06-13 12:48:48

Un mese fa il Papa inaugurava la Conferenza di Aparecida: intervista con il cardinale Errázuriz


Un mese fa, il 13 maggio scorso, Benedetto XVI inaugurava ad Aparecida, in Brasile, la V Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e caraibico. In questi giorni è stato presentato al Papa il “Documento finale” che raccoglie le riflessioni della Conferenza di Aparecida conclusasi il 31 maggio. A un mese dall’inizio di questo importante evento Luis Badilla ha intervistato il cardinale Francisco Javier Errázuriz, arcivescovo di Santiago del Cile e presidente del CELAM, il Consiglio dell’episcopato latinoamericano, chiedendogli cosa abbia significato la presenza del Papa ad Aparecida:RealAudioMP3


R. - Bueno, era una presencia para toda America Latina …
Bene, è stata una presenza per tutta l’America Latina. Il Papa ci ha dato degli orientamenti fondamentali, questioni prioritarie che animeranno la vita di tutte le nostre Chiese come, per esempio, il rapporto di Gesù con le culture aborigene oppure il fatto che Dio è la realtà fondante di ogni cosa. Molte volte, la gente, i politici, o esponenti della cultura, vorrebbero lasciare fuori dalla “realtà” questo nostro Dio che invece è la realtà stessa. Vorrei aggiungere un altro elemento centrale che esprimo in modo semplice, e cioè, vedere il Papa contento. E’ stata una bella esperienza, per tutti, vedere quest’uomo, così saggio e intelligente, sereno e mite, che irradia una grande pace, tanta libertà e tanta allegria. E’ stata una letizia per tutti noi. Ci siamo detti: la difficoltà e complessità dei tempi che viviamo non giustificano il vivere nel timore, nell’angoscia o nell’insicurezza. Il Papa ci ha comunicato la gioia di essere cristiani, la fiducia nella presenza di Gesù nella storia per affrontare ogni sfida dei nostri tempi.

 
D.- Le riflessioni del Santo Padre sulla “strutture giuste”, o meglio da dove e come nascono queste strutture, sembrava molto calzante nel caso dell’America Latina e dei Caraibi …

 
R. - Bueno, sempre el Papa tiene una visiòn umanista …
Bene, il Papa ha sempre una visione umanista molto profonda. Non si ferma alle cose superficiali e si pone costantemente la grande domanda sul cuore dell’uomo: è un cuore giusto, rispettoso della dignità altrui, che comprende realmente l’essere tutti! a immagine e somiglianza di Dio? Questo cuore, comprende veramente, che nel povero c’è Cristo stesso e che dunque è di fronte ad una dimensione teologica, o meglio, cristologica, nel rapporto con il povero? Il Papa ha rilevato tutti questi aspetti quasi a voler dare una risposta a questa domanda: perchè dopo tante assemblee in cui viene ribadita l’opzione preferenziale per i poveri, non si registrano effetti rilevanti in questo senso? Perché, ci dice il Papa, occorre andare al cuore dell’uomo: al suo impegno con Cristo, alla disponibilità a realizzare quei grandi e radicali cambiamenti che possono dare ai poveri più speranza.

 
D. Avete consegnato al Papa lunedì scorso il Documento conclusivo e aspettiamo che sia pubblicato. E’ possibile comunque delineare le principali conclusioni?

 
R. – Las conclusiones en primer lugar no se dirigen a un quehacer …
In primo luogo devo dire che le conclusioni non puntano tanto al “cosa fare” quanto allo spessore della vita cristiana di ciascuno. Non è ammissibile sostenere di essere cristiani semplicemente perché siamo battezzati o perché andiamo ogni tanto a Messa o adempio a qualche comandamento. E’ l’ora di affermare: sono cristiano perché sto vicino al Signore, perché l’ho incontrato e gli ho aperto le porte del mio cuore e mi è stata data la grazia di seguirlo. Voglio essere un suo discepolo. La densità di questa scelta è la misura dello nostro stupore di fronte a Cristo, uomo e Dio; stupore per la sua Parola e per le sue opere in questo mondo. Dobbiamo prendere una decisione: trasformare la nostra vita seguendo Gesù per trasformare anche la società. Il discepolo deve essere coerente ovunque si trovi: nelle responsabilità pubbliche, nel lavoro, nella famiglia ecc. Nel documento abbiamo voluto dire che seguire Gesù significa essere missionari: questa è una delle conclusioni principali. Ce n’è poi un’altra, strettamente legata alla precedente: tutte le comunità della Chiesa devono essere scuole per i missionari di Cristo, luoghi dove si impara ad incontrare Gesù, dove si impara a proclamarlo. Ovviamente tutto questo evidenzia la grande importanza delle Sacre Scritture e dunque della Lectio divina, che già in America Latina è un fenomeno di massa, in crescita costante, in particolare tra i giovani. Infine, tornando alla dimensione della missionarietà ci chiediamo: ma quale è stato veramente lo spirito missionario delle nostre popolazioni? Quanti missionari abbiamo inviato ad altri Paesi e ad altre Chiese? Quanti dei nostri cristiani escono da casa per occuparsi degli altri, nel quartiere, nella parrocchia, o in altre regioni con scarsità di sacerdoti? Oggi viviamo una rinascita dello spirito missionario e la Conferenza di Aparecida ha inteso rinforzarlo. Ogni cristiano deve sentire che il Signore lo ha chiamato per essere un suo discepolo e al tempo stesso per inviarlo agli altri. Questo ci attendiamo della Missione continentale.







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