E' guerra tra Hamas e Fatah. Cristiani nel mirino in Medio Oriente
Sempre più incandescente la situazione nei Territori Palestinesi: miliziani di Hamas
hanno fatto esplodere una forte carica in un tunnel sotto una base delle forze di
sicurezza fedeli al presidente Abu Mazen a Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza.
Secondo alcune fonti ci sarebebro più di dieci morti. Il braccio armato di Hamas ha
lanciato, poi, un nuovo ultimatum intimando ai miliziani di Al Fatah di deporre le
armi entro questa sera. Nelle strade di Gaza, intanto, proseguono gli scontri tra
i miliziani dei due partiti. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Nella
Striscia di Gaza si continua dunque a combattere: otto miliziani di Al Fatah sono
rimasti uccisi, questa mattina, durante scontri con militanti di Hamas. Il bilancio
dei combattimenti di questi ultimi giorni è di almeno 55 morti. E’ inoltre
caduto nel vuoto l’appello ad una tregua lanciato ieri dal primo ministro, Ismail
Haniyeh, e molti uffici delle forze di sicurezza sono ora sotto il controllo
di miliziani del gruppo radicale. Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha avvertito
che se le violenze non cesseranno, la situazione arriverà inevitabilmente al collasso.
L'ONU e la Caritas hanno lanciato un nuovo appello manifestando preoccupazione, soprattutto,
per i palestinesi che dipendono dagli aiuti umanitari. Ma il quadro, anche sul piano
politico, è sempre più intricato. Fatah e Hamas hanno dato vita, lo scorso mese di
marzo, ad un governo di unità nazionale con lo scopo di porre fine alle violenze nei
Territori. Ma le armi non hanno taciuto e le tregue, finora concordate dalle parti,
sono state regolarmente infrante. La frattura tra i due partiti è alimentata da divergenze
sulle misure da applicare per riportare l'ordine. In particolare, il controllo delle
forze di sicurezza costituisce la principale fonte di conflitto da quando Hamas, nel
gennaio del 2006, ha vinto le elezioni politiche. Per contrastare il predominio di
Al Fatah sulle forze di sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese, Hamas ha creato
una sua forza paramilitare ritenuta illegittima dal presidente Abu Mazen. Ieri Al
Fatah ha accusato inoltre Hamas di preparare un colpo di Stato per far degenerare
la situazione fino alla guerra civile. Il gruppo radicale ha minacciato di uscire
dal governo. In questo scenario segnato da scontri armati e da un duro confronto
politico, la popolazione civile continua a chiedere, infine, immediati sforzi per
la pace. Diverse centinaia di palestinesi sono scesi in strada, questa mattina, nel
centro di Gaza per chiedere la fine delle violenze.
I
Frati Minori della Custodia di Terra Santa, che in questi giorni hanno concluso il
loro Capitolo generale presso la Grotta della Natività a Betlemme, hanno lanciato
un nuovo appello per una pacifica convivenza tra israeliani e palestinesi. Nel testo
si esprime la "costante vicinanza alla provata popolazione di Betlemme, come pure
a quella di Gerusalemme e di altre città nella regione". Ma c'è il rischio che la
situazione, ormai fuori controllo nella Striscia di Gaza, possa degenerare anche in
Cisgiordania? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a padre Pierbattista Pizzaballa,
Custode di Terra Santa:
R.
- Ancora no; io penso che la Cisgiordania abbia una situazione, anche sociale, molto
diversa rispetto a Gaza. Diciamo che, al momento, il pericolo è ancora lontano. Quello
che è importante è fare in modo che la situazione si calmi - anche se sembra tardi
a Gaza - in modo che non ci siano teste calde che poi portino anche da questa parte
queste tensioni.
D. – Ci si interroga sul perché
di questa difficile situazione tra i palestinesi. Chi vuole la guerra civile?
R.
– Sicuramente il mondo arabo tribale. L’impressione è che i grandi leader abbiano
perso il controllo del territorio; ma credo che ci siano anche cellule infiltrate
dall’estero.
D. – I francescani di Terra Santa hanno
lanciato un appello per la pace. E’ opportuno, proprio in questi momenti, ribadire
certi concetti...
R. – Direi che non è solo opportuno
ma ancora più doveroso. So che a volte fare questi discorsi sembra retorica però è
importante soprattutto che tutti si sentano vicini aquanto sta accadendo qui
; è importante che si intervenga e che si facciano tutte le pressioni necessarie perché
questo massacro cessi quanto prima.
D. – La comunità
cristiana di Terra Santa continua a soffrire a causa di questa situazione...
R.
– La prima cosa è che i leader riescano a controllare quanto sta accadendo perché
i cristiani, che sono la minoranza, soffrono come gli altri e a volte anche di più.
La prima cosa necessaria è che la situazione si calmi; poi, bisogna cercare di riprendere,
nonostante tutto, il filo del dialogo. Non c’è alternativa se non quella della degenerazione.
Quello che stupisce ed amareggia molto è il tipo di violenza e di rabbia che si vede
soprattutto a Gaza e la preoccupazione e la frustrazione di tutti qui a Gerusalemme
e dintorni per quanto sta accadendo.
E nell'area mediorientale i cristiani
continuano ad avere vita difficile per la loro fede e spesso sono costretti alla
fuga. La situazione più grave è certamente quella in Iraq. In molti altri Paesi islamici,
i cristiani sono vittime di vessazioni e discriminazioni. Per denunciare questa situazione,
il vicedirettore del quotidiano “Il Corriere della Sera”, Magdi Allam, musulmano,
ha lanciato un appello rivolto alla società civile e ai cattolici affinché aderiscano
ad una manifestazione a Roma il prossimo 30 giugno, in concomitanza con la festa liturgica
dei Protomartiri Romani. Ma quali sono state le molle che hanno alimentato, negli
ultimi anni, questa campagna contro i cristiani? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto
proprio a Magdi Allam:
R.
- Il dilagare di un’ideologia dell’odio, della violenza e della morte che gradualmente
ha avvelenato il cuore e le menti degli arabi e dei musulmani. Ed è in questo contesto
che i cristiani oggi sono il bersaglio principale di estremisti e terroristi islamici
e i fatti indicano, in modo inequivocabile, che stiamo assistendo ad una graduale
scomparsa dei cristiani dal Medio Oriente.
D. –
Come invertire questa tendenza e come bloccare, se possibile, l’esodo dei cristiani?
R.
– Dobbiamo promuovere una forte iniziativa a livello internazionale che affermi la
libertà religiosa nei Paesi musulmani; è necessaria una forte mobilitazione internazionale
per contrastare l’estremismo e il terrorismo islamico e far sì che la classe politica
e tutti coloro che hanno la responsabilità di tutelare il bene e l’interesse della
collettività, assumano delle azioni coerenti con il loro mandato.
D.
– E far capire anche ai governi dei Paesi arabi che queste barbarie sono gravissime
anche per le popolazioni musulmane...
R. – Infatti
la persecuzione dei cristiani è una tragedia non solo per i cristiani ma anche per
quei musulmani che saranno costretti a sopravvivere in regimi totalitari, all’insegna
di ideologie della morte, della violenza, dell’odio; sono i musulmani quelli che alla
fine pagheranno il prezzo più alto perché saranno quelli che non avranno alternativa
che soccombere all’arbitrio di questi estremisti e di questi tiranni.