La Chiesa indiana contro la decisione del governo dell’Andhra Pradesh di accettare
a Tirumala solo la religione indù
A Tirumala, nello Stato indiano dell’Andhra Pradesh, è accettata solo la religione
indù e non sono permesse attività religiose: la decisione è stata presa dal governatore
dello Stato, Rameshwar Thakur, con un’ordinanza che proibisce la propagazione di altre
religioni nei luoghi di culto o di preghiera. Il capo dei ministri, Y S Rajasekhar
Reddy, ha riferito ad AsiaNews che durante la prossima sessione dell’Assemblea verrà
fatto un disegno di legge. L’attività dei missionari cristiani a Tirumala e dintorni
ha spinto il governo a promulgare l’ordinanza, che contiene misure punitive per chi
la viola: prigione fino a tre anni, indennità fino a cinque mila rupie o entrambe.
“Davanti alla persecuzione – ha commentato l’arcivescovo di Hyderabad, mons. Joji
Marampudi – ci leviamo in piedi coraggiosi con la nostra fede. Non c’è potere politico
che possa impedirci di diffondere la Parola del Signore”. “Questa ordinanza ha un
valore prettamente politico – ha aggiunto il presule - e il nostro capo dei ministri
cristiano è tenuto sotto pressione. Ma crediamo che la Costituzione indiana ci garantirà
il diritto di diffondere la nostra fede”. Anche secondo padre Anthoniraj Thumma, segretario
dell’Andhra Pradesh Federation of Churches(APFC) e dell’A.P. Bishops’ Council
(APBC), “il capo dei ministri si è piegato al volere dei gruppi estremisti indù che
si stanno approfittando del fatto che è cristiano per ricattarlo”. “Il governo – ha
sottolineato l’arcivescovo Marampudi – dovrebbe essere vicino alla comunità cristiana
che ha servito instancabilmente l’intera società, senza distinzione di casta e credo.
Come arcivescovo di Hyderabad – ha concluso – affermo che mai alcun cristiano è entrato
in edifici di altre comunità religiose per fare proselitismo. La Chiesa sostiene il
dialogo interreligioso nel Paese e ha lottato per costruire armonia e unità tra le
religioni e la società civile”. (R.M.)