Completato a Roma, nel complesso della Scala Santa, il restauro della Cappella di
San Silvestro
E' stato presentato oggi a Roma il restauro della Cappella di San Silvestro, parte
integrante e fondamentale del complesso della Scala Santa. Il progetto è stato curato
dal gruppo “Studio 3 Restauro Opera d’Arte” e finanziato dalla Getty Foundation in
collaborazione con i Musei Vaticani, i Padri Passionisti e la Provincia di Roma. La
Cappella è finalmente ritornata all’antico splendore, svelando anche il suo aspetto
più inedito. Ce lo descrive la restauratrice Antonella Giammusso nell’’intervista
di Emanuela Campanile:
R. –
La superficie delle pitture era talmente scura e nera da non far vedere che cosa fosse
rappresentato. Questo perchè durante i precedenti interventi di restauro, nell’‘800,
erano state messe delle colle e degli oli ravvivanti, che lì per lì davano un effetto
di verniciatura, di splendore, ma che poi si sono annerite e, inglobando il fumo nero
delle candele, alcune parti si sono rese totalmente illeggibili. Si sapeva che c’erano
dei paesaggi dipinti, ma non si vedeva cosa rappresentassero nella realtà, non si
potevano vedere. Quindi, è stato un recupero fondamentale per questo e per l’unità
della pittura, in quanto si temeva fossero molto più danneggiati di quanto in realtà
fortunatamente non erano.
D. – Quanto tempo avete
impiegato per riportare al suo antico splendore la Cappella?
R.
– Il restauro è durato circa un anno e mezzo, perché ovviamente sono state fatte tante
operazioni e soprattutto abbiamo lavorato in tutto l’ambiente.
D.
– Si conosceva la firma dell’artista che ha dipinto i paesaggi che sono rappresentati?
R.
– Bisogna tener presente che tutto questo “ciclo sistino”, che decora l’intero santuario,
ha un’esecuzione molto particolare, perché il santuario è stato pensato, costruito,
decorato nel giro di due anni. In questo breve periodo hanno lavorato numerosissimi
pittori. Noi sappiamo della presenza di 40 persone, di 40 pittori, ovviamente ognuno
con mansioni diverse.
D. – Quindi, questo team a
lavoro era numeroso. Invece, l’equipe dei restauratori?
R. – I restauratori
erano in sette nel cantiere. Ovviamente, un’equipe coadiuvata da storici d’arte, chimici,
fotografi, architetti, che ci hanno aiutato nel corso del lavoro.
E
al microfono Emanuela Campanile, a spiegare in quali termini hanno collaborato
i Musei Vaticani nei lavori di restauro è il direttore Francesco Buranelli:
R. –
Il ruolo dei Musei Vaticani è stato molto semplice. Si è trattato di coordinare e
di offrire una supervisione tecnico-artistica del patrimonio della Santa Sede. E’
un ruolo, appunto, riconosciuto dalla legge sui beni culturali dello Stato della Città
del Vaticano. Abbiamo quindi seguito, coordinato e supervisionato un’équipe di lavoro
molto affiatata ed articolata che ha logicamente nei Padri Passionisti - che ebbero
addirittura già dal Beato Pio IX l’affidamento del santuario - i committenti. Dell’équipe
hanno fatto parte la Getty Foundation - i finanziatori cioè - e la società che ha
eseguito i lavori di restauro, che noi abbiamo seguito e alla quale abbiamo dato delle
indicazioni di metodo sull’intervento stesso.