Il Papa apre il Convegno ecclesiale della Diocesi di Roma: al centro dei lavori l'emergenza
educativa e la trasmissione della fede
Benedetto XVI apre domani sera nella Basilica di San Giovanni in Laterano il Convegno
ecclesiale della diocesi di Roma che si svolgerà per tre giorni sul tema “Gesù è il
Signore. Educare alla fede, alla sequela, alla testimonianza”. La Radio Vaticana trasmetterà
la cronaca di questo importante appuntamento a partire dalle 19.20 sull’onda media
di 585 kHz e sulla modulazione di frequenza di 105 MHz. All’incontro sono invitati
tutti i sacerdoti, i religiosi, le religiose e i laici della Chiesa di Roma. Il Convegno
intende preparare il piano pastorale dell’anno prossimo che continuerà ad essere focalizzato
sui temi della famiglia, dell’educazione e della trasmissione della fede. Questioni
cruciali come spiega il cardinale vicario Camillo Ruini, al microfono di Giovanni
Peduto: R.
– Direi un tema attuale sia sul profilo della famiglia, sia sul profilo della gioventù,
della formazione della fede della gioventù, sia di quella che viene chiamata oggi
l’emergenza educativa che, purtroppo, preoccupa sia la scuola, sia la famiglia, sia
in generale la nostra società e la nostra cultura. E’, quindi, un tema che ha certo
una valenza ecclesiale – diciamo – proprio perché si tratta di formare alla fede e
al ruolo della famiglia cristiana in quanto tale, ma anche una più ampia valenza sociale
e culturale, perché si tratta di aiutare le famiglie a svolgere il loro fondamentale
compito educativo e si tratta – per quello che sarà possibile – anche di aiutare in
generale tutte le istituzioni, che hanno finalità formative e in primo luogo la scuola,
e di vedere come la comunità cristiana in quanto tale può svolgere al meglio questo
ruolo.
D. - Benedetto XVI, che aprirà il vostro
Convegno, ha molto insistito negli ultimi tempi sull’importanza che la famiglia cristiana
riscopra la sua più autentica vocazione: in che modo si sono preparate le comunità,
e in particolare le famiglie, della Diocesi di Roma a questo appuntamento?
R.
– Direi che si tratta di una preparazione di lungo periodo, perché abbiamo fatto tre
anni pastorali dedicati principalmente alla famiglia e nei quali si è cercato di far
emergere la responsabilità sia ecclesiale, sia sociale della famiglia stessa e quindi
i riconoscimenti e le attenzioni che la famiglia deve avere sia da parte della pastorale
delle nostre parrocchie e della nostra diocesi, sia anche da parte della società e
dello Stato. Tutto questo ha potenziato la consapevolezza nelle famiglie, almeno più
vicine a noi, del proprio compito e del proprio ruolo. Abbiamo poi spostato l’attenzione,
già dallo scorso anno, ma lo facciamo di nuovo quest’anno, sulla dimensione specificatamente
educativa in rapporto alla trasmissione della fede. Quest’anno parliamo di “Gesù è
il Signore. Educare alla fede, alla sequela, alla testimonianza”. Credo, quindi, che
si possa concludere dicendo che la preparazione, la preparazione di fondo, c’è e,
tra l’altro, nei mesi scorsi abbiamo parlato a più riprese dell’argomento ed abbiamo
mandato delle tracce di riflessione. Coloro che quindi parteciperanno al Convegno
sono o meglio dovrebbero essere ben preparati sull’argomento.
D.
- Nella sua lettera inviata alla diocesi sollecita la “costruzione di una pastorale
integrata, che crei sinergia tra le diverse realtà impegnate nell’animazione pastorale
della diocesi”. Qual è l’obiettivo che vi siete posti?
R.
– Abbiamo parlato di pastorale integrata, certamente, a livello anche nazionale e
a livello di Conferenza episcopale italiana, ma in particolare a Roma questa sembra
davvero una grande esigenza, perché la pastorale a Roma è fatta certamente dalle parrocchie,
ma è fatta anche dalle tante comunità religiose presenti a Roma, istituti religiosi
maschili e, ancor più numerosi, quelli femminili e fatta da tante aggregazioni, movimenti,
realtà ecclesiali, pensiamo anche al Cammino Neocatecumenale, al Rinnovamento nello
Spirito; pensiamo agli Scouts e all’Azione Cattolica; ma ancora a Comunione e Liberazione
e ai Focolarini. Soltanto dalla sinergia, e collaborazione stretta, di tutti, che
pur nella diversità dei metodi e nella diversità della propria collocazione ecclesiale,
hanno lo stesso scopo.
D. - In che modo il Convegno
ecclesiale diocesano di Roma si inserisce nell’orizzonte ecclesiale italiano ridisegnato
dal Convegno di Verona?
R. – Penso che il discorso
del Santo Padre al Convegno di Verona sia anche per noi, anche per il nostro attuale
Convegno ecclesiale romano, un decisivo punto di riferimento. Inoltre da Verona è
venuto un grande messaggio, quello cioè della pastorale incentrata all’attenzione
alla persona nella concretezza dei suoi rapporti, dei suoi problemi e dei suoi interessi.
Si è parlato, perciò, di cinque particolari aree a cui fare specificatamente attenzione:
la prima è quella dell’affettività e della famiglie; e poi l’area del lavoro e della
festa; un’altra – come l’abbiamo chiamata - l’area della tradizione e quindi trasmissione
dell’educazione e della fede; ancora, l’area della fragilità umana e quindi la malattia,
la povertà e le varie forme di sofferenza; e, infine, l’area della cittadinanza e
cioè tutto ciò che riguarda le responsabilità civili, politiche ed economiche. Credo
che una pastorale attenta a queste dimensioni sia quella anche meglio in grado di
aiutare veramente le famiglie, che con queste dimensioni si confrontano ogni giorno
e di aiutare i giovani a capire che la fede non è qualcosa di esterno o di aggiunto
dall’esterno alla vita, ma deve essere il centro propulsore del nostro orientamento
di tutti i giorni, del nostro impegno quotidiano ed anche della nostra crescita come
persone.