Liberati a Baghdad i ragazzi rapiti con il sacerdote cattolico caldeo. Padre Philip
Najim: vogliono cacciare i cristiani dall'Iraq
Una buona notizia arriva da Baghdad, da giorni teatro di continui attacchi contro
membri e strutture della Chiesa cattolica. Dopo l'uccisione di un sacerdote e tre
suddiaconi a Mossul, domenica scorsa, e la profanazione di due Chiese nella capitale
irachena, avvenuta martedì, sono stati rilasciati oggi i cinque ragazzi rapiti ieri
a Baghdad insieme con il sacerdote cattolico di rito caldeo, padre Hani Abdel Ahad.
Secondo le prime notizie, riferite dal sito web "Baghdad-hope", i giovani sarebbero
in buona salute mentre il sacerdote continua a rimanere nelle mani dei sequestratori.
Salvatore Sabatino ha chiesto un commento su questa ondata di violenze anticristiane
in Iraq al visitatore apostolico per i fedeli Caldei in Europa, padre Philip Najim:
R.
- Purtroppo questi disagi continuano per tutti i cristiani. Per creare in loro un
senso di paura, li stanno costringendo a lasciare il Paese o a convertirsi all’islam.
Se non lo fanno, sono costretti a pagare una tassa mensile. I cristiani stanno dando
un fortissima testimonianza di coerenza e vivono la loro fede con grande coraggio,
ma anche con paura. Speriamo che le cose si aggiustino, perché certo non vediamo alcun
impegno, alcuna responsabilità da parte del governo iracheno nei confronti di tutti
i cittadini iracheni che vivono attualmente in una situazione molto difficile, perché
manca la sicurezza e mancano i beni di primaria sopravvivenza.
D.
- Percepite, dunque, un senso di abbandono anche da parte della comunità internazionale?
R.
- Certamente. Noi chiediamo alla coscienza della comunità internazionale di intervenire.
Io non vedo altro che il compiersi di un genocidio nei confronti di tutta la popolazione
irachena. E’ necessario l’intervento della comunità internazionale per proteggere
la popolazione, già molto provata anche dagli attentati e dalle autobombe, dai rapimenti
e dalle sofferenze quotidiane.
D. - Cosa chiede
in questo momento?
R. - Chiediamo che la comunità
internazionale, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite mettano davanti a tutto
la loro responsabilità verso questa umanità massacrata, che ogni giorno paga con il
proprio sangue.
D. - Sappiamo che la maggior parte
dei cristiani ha abbandonato il Paese per motivi di sicurezza: vuole dire qualcosa
ai suoi connazionali che sono andati via?
R. - Chiediamo
che tutti i cristiani siano uniti, particolarmente in questo momento, con la preghiera.
Anche se si tratta di una preghiera disperata. Dio è grande, Dio ci protegge ed è
l’unica possibilità. L’unica arma che abbiamo in questo momento per difenderci è la
nostra fede.