"Un assassinio senza senso": il profondo dolore del Papa per l'uccisione in Iraq di
un sacerdote caldeo e tre diaconi
“Un assassinio senza senso”: così il Papa definisce l’uccisione ieri a Mossul, nel
nord dell’Iraq, di padre Ragheed Aziz Ganni, e di tre subdiaconi della Chiesa Caldea,
Basman Yousef Daoud, Ghasan Bidawid e Wadid Hanna. L’assassinio è avvenuto poco dopo
la Santa Messa, davanti alla chiesa del Santo Spirito, già bersaglio in passato di
attacchi terroristici. Benedetto XVI, in un telegramma a firma del cardinale segretario
di Stato Tarcisio Bertone inviato al vescovo di Mossul, Paul Farj Rahho, si dice
“profondamente addolorato” ed esprime la propria vicinanza a tutta la comunità cristiana
di Mossul. Il Pontefice rende grazie a Dio per questi quattro generosi testimoni
del Vangelo e prega affinché il loro sacrificio possa “ispirare nei cuori di tutti
gli uomini e donne di buona volontà un rinnovato proposito di rifiutare le vie dell’odio
e della violenza, di sconfiggere il male con il bene”, cooperando “ad affrettare l’alba
della riconciliazione, della giustizia e della pace in Iraq”. Ma su questo nuovo,
tragico episodio di violenza in Iraq ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco.
Il
patriarca di Babilonia dei Caldei Emmanuel III Delly e tutti i vescovi caldei hanno
condannato il barbaro omicidio del sacerdote e dei tre subdiaconi. Si tratta – ha
detto il patriarca – di un atto orribile contro Dio e contro l’umanità. “Coloro
che lo hanno commesso – ha aggiunto - hanno compiuto un atto “contro loro fratelli
che erano cittadini fedeli e pacifici” che hanno sempre offerto le loro preghiere
e le loro suppliche a Dio perchè portasse “pace, sicurezza e stabilità a tutto l’Iraq”.
Sull’assassinio emergono, intanto nuovi dettagli. Dopo aver celebrato la funzione
eucaristica, il sacerdote si stava allontanando dalla chiesa in macchina insieme con
i tre subdiaconi e la moglie di uno di questi. Negli ultimi giorni i tre subdiaconi
accompagnavano sempre il sacerdote per cercare di proteggerlo. All’improvviso, la
macchina è stata fermata da uomini armati. Gli aggressori hanno poi fatto allontanare
la donna e ucciso i 4 uomini. Vicino ai corpi sono stati piazzati degli ordigni e
alle salme non si è avvicinato nessuno, per diverse ore, per il timore di esplosioni.
Le forze dell’ordine sono quindi riuscite a disinnescare le bombe e i corpi sono stati
portati nella chiesa del Santo Spirito. Nel pomeriggio si svolgeranno i funerali.
Il messaggio che padre Ragheed Ganni lascia all’Iraq e ai cristiani si apre
alla speranza anche dopo una tragedia così grande. “L’Eucaristia – diceva il sacerdote
caldeo - è sorgente di vita anche quando ogni giorno l’esperienza quotidiana è quella
della morte”.
L’omicidio del sacerdote e dei tre subdiaconi a Mossul è
stato definito dunque “un atto orribile contro Dio e contro l’umanità che qualsiasi
persona di coscienza rifiuta”. Su queste parole, pronunciate ieri dal patriarca caldeo
Emmanuel III Delly subito dopo l’assassinio, si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco,
il procuratore apostolico per i caldei in Italia, mons. Philip Najim:
R.
– Siamo tutti molto amareggiati nel sentire la notizia dell’assassinio di questo sacerdote,
con tre diaconi, al termine della celebrazione eucaristica domenicale. Questa chiesa
è stata lasciata veramente in un forte disagio, creando inoltre una grande paura anche
fra tutti i cristiani che vivono in Iraq. E questo perché è evidente che si tratta
di una azione ben organizzata, ben stabilita e diretta proprio contro i cristiani
iracheni. Questo vuol dire che ci sono delle forze oscure che vogliono creare queste
difficili situazioni per complicare la vita del popolo e rendere difficoltosa la convivenza
tra musulmani e cristiani. Questo popolo continua a soffrire, continua ad essere martire
e tutto questo avviene davanti agli occhi della comunità internazionale, che assiste
quotidianamente a questo massacro senza muovere neanche un dito. Io chiedo alla comunità
internazionale e a tutti coloro che hanno una coscienza di fermare questi atti di
violenza contro il popolo iracheno.
D. – Anche dopo una tragedia così
grande si può comunque affermare che il terrorismo prima o poi, soprattutto se ci
si affida ad una visione cristiana della storia, è destinato a fallire perché è una
causa persa…
R. – Certamente, perché si vede anche
come è organizzato. E’ una causa già persa, perchè non si dimostra coraggio quando
si usano delle armi per uccidere delle persone. Non si rispetta in alcun modo la loro
vita, che è un diritto naturale, un dono di Dio. Nessuno al mondo può avere l’obiettivo
di uccidere l’altro per realizzare poi qualcosa. E’ un atto contro tutta l’umanità,
contro le leggi di Dio e contro le professioni di fede che esistono in tutto il mondo.
D. – “I terroristi – diceva padre Ragheed Ganni
– cercano di toglierci la vita, ma l’Eucaristia ce la ridona". Oggi in quali doni
può sperare l’Iraq, dopo queste nuove e drammatiche violenze?
R.
– Noi continuiamo a professare la nostra fede, continuiamo ad essere cattolici e continuiamo
proprio grazie alla forza dell’Eucaristia ad andare avanti. Padre Ragheed è la testimonianza
più grande, il martire più grande oggi nella Chiesa caldea. Noi non lo dimenticheremo
mai. Ha donato la sua vita, dando la sua testimonianza di fede cristiana e cattolica,
dando un esempio a tutti i cristiani che devono riuscire ad essere maggiormente uniti
ed attaccati alla loro Chiesa in questi giorni di persecuzione.
D.
– E in Iraq, soprattutto la comunità cristiana di Mossul, nonostante le violenze e
le persecuzioni, continua ad essere una comunità viva…
R.
– E’ una comunità viva e sono molto legati alla loro Chiesa, al loro patriarca e alla
loro fede.