La Prima Sezione Penale della Corte di Appello di Roma ha emesso oggi la sentenza
di secondo grado del processo intentato contro la Radio Vaticana per presunto inquinamento
elettromagnetico prodotto dal Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria. La
sentenza, accogliendo le richieste della Difesa della Radio Vaticana, ha assolto il
Card. Roberto Tucci, già Presidente del Comitato di Gestione dell’Emittente, ed il
Padre Pasquale Borgomeo, ex Direttore Generale, dal reato loro ascritto di “getto
pericoloso di cose”. La Direzione della Radio, rimandando una valutazione più approfondita
alla pubblicazione delle motivazioni, esprime la propria viva soddisfazione per la
decisione della Corte d’Appello che, riconoscendo la correttezza dei comportamenti
della Radio Vaticana, costituisce un decisivo contributo per ristabilire il buon nome
della Radio Vaticana stessa, la cui reputazione è stata danneggiata da accuse ingiuste,
che hanno contribuito ad alimentare nella popolazione timori infondati. La Direzione
della Radio che, a seguito dell’accordo con il Governo italiano, opera dal 2001 nell’assoluto
rispetto della normativa italiana in materia di emissioni elettromagnetiche auspica
che la sua attività possa ora svolgersi con serenità, nell’ambito di un imprescindibile
e collaborativo rapporto con le competenti autorità italiane e con la cittadinanza. In
ogni caso, è opportuno ricordare brevemente gli antefatti che hanno portato alla sentenza
odierna. Nel corso del 2001 l’attività del Centro Trasmittente della Radio Vaticana
sito presso Santa Maria di Galeria, a Nord di Roma, era diventata oggetto di vivaci
polemiche, a nostro avviso del tutto ingiustificate. Il contenzioso verteva sulla
osservanza o meno delle nuove normative italiane sulle emissioni elettromagnetiche.
Il problema fu affrontato e risolto prima dell’estate di quell’anno nel quadro delle
trattative fra Italia e Santa Sede svolte in una apposita Commissione bilaterale.
Ciononostante alcune associazioni ambientalistiche, comitati e persone residenti nella
zona introdussero contro la Radio Vaticana una causa penale, con l’accusa di aver
diffuso “radiazioni elettromagnetiche atte ad offendere o molestare persone residenti
nelle aree circostanti, arrecando alle stesse disagio, disturbo, fastidio e turbamento”.
A tre dirigenti dell’Emittente venne imputato il reato di “getto pericoloso di cose”,
in violazione all’art. 674 del Codice Penale. Di qui il processo, che in una prima
fase si concluse il 19 febbraio 2002 con la dichiarazione, da parte del Giudice, di
non doversi procedere per difetto di giurisdizione, in forza del Trattato Lateranense,
riconoscendo la Radio Vaticana come Ente Centrale della Chiesa Cattolica. Una successiva
sentenza della Corte di Cassazione, il 9 aprile 2003, non accoglieva tuttavia tale
interpretazione, e rinviava quindi la causa al Tribunale. Il 23 ottobre dello stesso
anno iniziava quindi una nuova fase del processo, durata un anno e mezzo, che dopo
numerose udienze, giungeva a conclusione con la condanna del P. Borgomeo e del Card.
Tucci a 10 giorni di arresto, con sospensione della pena. Questa sentenza è stata
impugnata dalla Radio Vaticana avanti la Corte di Appello di Roma, che ha tenuto la
prima udienza, nell’ambito del procedimento di secondo grado, il 12 dicembre 2006.
Tale procedimento si è concluso con la sentenza di quest’oggi. Come da noi spiegato
molte volte in questi anni e ribadito dalla difesa nel corso del processo, la Radio
Vaticana ha sempre svolto la sua attività nel quadro degli accordi internazionali
esistenti con l’Italia relativi al Centro trasmittente di Santa Maria di Galeria,
e, per quanto riguarda la protezione della popolazione, si è sempre attenuta alle
raccomandazioni internazionali in materia di emissioni elettromagnetiche anche prima
della esistenza di normative italiane, e dal 2001, in seguito all’accordo con il Governo
italiano, rispetta attentamente i limiti previsti dalla nuova normativa italiana,
attualmente vigente, come dimostrano le misurazioni svolte per mandato della Commissione
bilaterale dalle istituzioni pubbliche italiane più competenti e attrezzate in materia.
Non vi è, quindi, alcun motivo fondato per pensare che l’attività della Radio Vaticana
sia stata di fatto nociva in passato e possa essere oggi frutto di preoccupazione
per la popolazione circostante.
Sulla sentenza il commento del nostro Direttore
Generale Padre Federico Lombardi:
La sentenza
di assoluzione in appello nel processo contro la Radio Vaticana per presunte molestie
alla popolazione circostante il Centro Trasmittente di Santa Maria di Galeria è per
noi naturalmente una buona notizia. Ci restituisce fiducia nella giustizia italiana,
convinti come siamo sempre stati di avere agito responsabilmente sia dal punto di
vista del rispetto del diritto sia da quello, sostanziale, del rispetto del bene e
della salute di tutti, a cominciare dai lavoratori della Radio Vaticana e delle popolazioni
circostanti. La sentenza di oggi contribuisce certamente a correggere prospettive
distorte e critiche non giustificate nei nostri confronti. Con questa sentenza
però non si chiude la vicenda. Vi è chi ha già annunciato un ricorso in Cassazione
contro di essa – cosa che non ci stupisce dato l’accanimento accusatorio di cui siamo
stati fatti oggetto da anni; e inoltre è in corso un altro distinto procedimento in
cui la Radio Vaticana è accusata specificamente di aver causato danni alla salute.
Ci preme quindi molto affermare che ciò che è più importante per noi non è una
assoluzione che ad alcuni può apparire formale, ma un vero ristabilimento della verità
delle cose, cioè che si comprenda che ci siamo da sempre preoccupati di osservare
le più serie norme cautelative nella nostra attività (anche prima che esistessero
normative italiane in merito) e che quindi non vi è alcun motivo fondato per pensare
che la nostra attività sia stata o sia nociva per qualcuno. Voci autorevolissime della
scienza sono concordi con noi in questa visione delle cose. Non desideriamo solo
poter fare serenamente il nostro lavoro, ma desideriamo anche e ancor prima che nessuno
abbia motivo di soffrire e neppure di preoccuparsi a causa di esso. Se potremo ulteriormente
collaborare con le istituzioni italiane e con la collettività a questo fine lo faremo
dunque sempre ben volentieri.